Gassmann vola sul nido del cuculo
Qualcuno volò sul nido del cuculo. Già, perché qualcuno di sicuro volò. Non io di certo, appiccicata, incollata, inchiodata com’ero alla poltrona del Teatro Bellini di Napoli. È qui infatti che è di scena la trasposizione teatrale dell’omonimo romanzo di Ken Kesey, conosciuto ai più per l’incredibile e famosissimo film con Jack Nicholson, entrato di diritto nella top ten dei filmoni da guardare almeno una volta nella vita.
Le mani esperte e sapienti di Maurizio de Giovanni hanno rielaborato la scrittura, trasportando la California in una Aversa che vive il suo 1982 e trasformando Randle McMurphy in Dario Danise, interpretato da quel fiume in piena che è Daniele Russo. Alessandro Gassmann si cimenta in una sfida assai difficile, perché è davvero impresa ardua scrollarsi di dosso il ricordo di un colosso del genere e fare confronti è un attimo. Ma ci riesce benissimo.
Tutto sotto continuo controllo
Piccoli particolari cinematografici si mescolano alle travi di legno del proscenio e alla scenografia di cartongesso per dar vita a due ore e trenta di teatro intenso e toccante. Il tratto è distintivo, delicato, elegante, appassionante e carico di emozioni. Pioggia incessante che bagna. Visioni notturne, buio. Il forse pazzo Dario Danise, spavaldo come un guappo napoletano, fa il suo ingresso nella clinica psichiatrica e fa la conoscenza di quelli che saranno i suoi sette amici pazzarielli: i pazzi veri, ma anche no.
Già, perché a differenza di Darione, i suoi compagni di viaggio con una semplice firma possono andar via, essendo tutti in ferma volontaria; invece lui deve scontare lì tutti suoi giorni.
In carcere non voleva rimanere, ma si renderà conto presto che la casa di cura è molto peggio della cella. Ciononostante conquista tutti, risveglia le coscienze, strizza le palle, schiaffeggia l’anima, vince a carte, bara, insulta, gioisce, fuma, ma non mangia le gomme.
Spera e dà speranza. La speranza che fa credere che dietro quei vetri e quelle porte di ferro ci può e ci deve essere una vita migliore. Per tutti. Per gli omosessuali? Sì anche per gli omosessuali. Per gli immigrati clandestini? Sì, anche per loro. Per i balbuzienti, per i reietti, per i maniaci ossessivo-compulsivi, che pensano che il colore verde sia una merda e per i visionari con manie di autopersecuzione? Assolutamente sì. Se ci si crede, se solo ci si crede un po’, la vita è meno peggio di quello che sembra.
Chi di noi può affermare di non essere un minimo pazzo?
Chi di noi è sempre lucido, chi sempre perfetto, chi sempre sulla retta via. Chi non ha le sue manie, le sue routine, le sue fissazioni, le sue scaramanzie. Solo Suor Lucia, la zoccola, interpretata da Elisabetta Valgoi, è l’unica che vanta doti di santità, moralità e perbenismo. Con lei è sempre tutto in ordine. Disciplina, punizioni e col-la-bo-ra-zio-ne, sono alla base della sua infallibile terapia. Tutto sotto continuo controllo. Per un attimo Dario conquista anche il medico, che cerca di opporsi alla capadipezza ma ben presto sarà costretto a cedere.
In sala ascolto spesso le risate degli spettatori. Perché i pazzi fanno ridere? Mi chiedo. Sono buffi, estrosi, picchiatelli? Ma a me si è chiuso lo stomaco.
Una pacca sulle spalle qua, un vaffanculo là… e ci guarisci tutti eh?
È uno di quegli spettacoli in cui ti fa proprio piacere applaudire gli attori, li vedi ad uno ad uno in un finale molto cinematografico e vorresti andar lì a ringraziarli per le emozioni che ti hanno fatto provare.
Bravissimi tutti, da non perdere assolutamente. Fateci un salto, ne vale la pena.
Qualcuno volò sul nido del cuculo
di Dale Wasserman
dall’omonimo romanzo di Ken Kesey
versione italiana Giovanni Lombardo Radice
adattamento Maurizio de Giovanniuno spettacolo di Alessandro Gassmann
Fino al 19 aprile al Teatro Bellini di Napoli