La Pasqua napoletana
La Pasqua ha nelle sue tradizioni culinarie radici antiche.
Mangiatene una fetta e vi assicuro che la sentirete cantare!
Partiamo dal Giovedì Santo in cui la tradizione partenopea vuole, oltre alla complessa preparazione della pastiera di cui parlerò dopo, la classica zuppa di cozze – a’ zupp ‘e cozzeche – accompagnata dai crostini o dalle freselle. Si tratta di una pietanza semplice e povera, che ha tutto il sapore dell’azzurro mare campano. Assaporata a cena, questa zuppa prepara lo stomaco ma anche la mente alle abbuffate dei giorni seguenti. Sempre in questo giorno, dato che siamo soliti unire il sacro al profano, vi è un’altra tradizione: lo “struscio” o rito dei Sepolcri, che prevede la visita di un numero dispari di chiese (solitamente sette) per celebrare l’ultima cena di Gesù. Il termine “struscio” deriva dal rumore che le lunghe vesti delle donne creavano per le strade durante la celebrazione di questo rito.
Il Venerdì Santo è invece caratterizzato dalla Via Crucis organizzata dalle varie chiese. È il giorno del digiuno, in cui in tutte le case si è soliti preparare il Tortano, il Casatiello (che sarebbe uguale al precedente ma con la variante delle uova sode poste a decorazione) e la cosiddetta Pizza chiena. Rustici che vengono appunto impastati e lasciati crescere tutta la notte per poi essere infornati il giorno seguente. Del Tortano – o Casatiello – va fatta una specifica. Questa ciambellona salata, caratterizzata da un impasto a base di sugna e da salumi e formaggi per ripieno, accompagna noi napoletani in tutti e tre i giorni delle festività pasquali. Tanto per tenerci leggeri.
Il Sabato Santo prevede la Veglia Pasquale, per quanto riguarda la liturgia tradizionale, e la cottura dei rustici menzionati in precedenza.
Finalmente si giunge alla domenica, giorno della Santa Pasqua, giorno della Resurrezione di Gesù. Il menù della maggioranza delle case partenopee prevede:
Antipasto. La fellata (un antipasto di affettati misti come salame napoli, capicollo, pancetta, formaggi vari e ricotta salata) accompagnata da fave fresche, uova sode e dal Casatiello;
Primo. Minestra maritata (uno dei piatti più antichi; si chiama così perché la carne “si sposa” con la verdura);
Secondi piatti. Agnello con piselli e capretto al forno con patate novelle;
Contorno. Carciofi arrostiti o carciofi fritti;
Dolce. La Pastiera napoletana.
Sul dolce bisogna fare due minuti di raccoglimento. Regina indiscussa della tavola imbandita napoletana, la pastiera è il dolce fatto in casa più famoso al mondo. La sua origine è antichissima e proviene dai culti pagani. Si dice che la sirena Partenope avesse scelto come dimora il bel golfo di Napoli e che da lì cantasse con voce dolcissima. La popolazione, per ringraziarla di queste meravigliose note, le portò alcuni doni, sette per l’esattezza, ognuno dei quali aveva un significato: la farina, simbolo di ricchezza; la ricotta, simbolo di abbondanza; le uova, simbolo di riproduzione; il grano cotto nel latte, simbolo della fusione del regno animale e di quello vegetale; i fiori d’arancio, profumo della terra campana; le spezie, omaggio di tutti i popoli; lo zucchero per acclamare la dolcezza del suo canto. La sirena, nel raccogliere tutti i doni, li mescolò creando inconsapevolmente la prima pastiera napoletana. Mangiatene una fetta e vi assicuro che la sentirete cantare!
Siamo giunti al Lunedì in Albis. Pranzo al sacco per tutti e scampagnata fuori porta se il tempo permette. Nel sacco logicamente sono presenti tutti gli avanzi dei giorni precedenti: tortano, affettati vari, pastiera e l’immancabile frittata di pasta – a’ frittata ‘e maccarun – che in ogni gita di Pasquetta non potrà mancare.
Detto ciò, auguro a voi e alle vostre famiglie una serena Pasqua e vi ricordo di portare sempre dietro un potente Alka seltzer per digerire. Vi saluto con l’opera d’arte che ho scelto oggi, La tavola imbandita di Henri Matisse (olio su tela; 100x131cm; 1896-1897), che non analizzerò come al solito, ma lascio a voi la curiosità di scoprirla, se vi andrà.
Buona Pasqua!