Le orchidee di Delbono e un giro sull’altalena
Lo spettacolo inizia quando le luci sono ancora accese e c’è gente ancora in giro che chiacchiera. Sembra più che il teatro Bellini di Napoli, il check in dell’aeroporto di Capodichino.
Comincia così Orchidee, spettacolo di Pippo Delbono. Una voce, quella dello stesso regista, non si sa da dove provenga ma inizia con tono tra il sornione e il serio, a fare alcuni ammonimenti e raccomandazioni. Spegnere i cellulari…si potrà stare un’ora e mezza senza essere raggiungibili no? Non fare foto…che te ne fai di foto che poi non guarderai mai? L’occhio più attento delle persone sedute nei palchetti, si accorge che sta parlando dal fondo della platea, alle spalle del pubblico pagante: quello dell’abbonamento A, a dirla tutta. Ho avuto grosse difficoltà a recensire questo spettacolo.
Di solito sono una chiacchierona, e alla tastiera vado veloce come un treno. Ma sono stata colpita dal blocco della penna, o meglio dei tasti. Ho dovuto informarmi, chiedere consiglio ai più esperti, avevo bisogno di capire quello che avevo visto, se questo poi fosse davvero possibile. Perché, diciamocela tutta, Delbono o piace o no. E’ come la cipolla, o la pasta e cavoli. E’ come il sole ad agosto. C’è chi ne va matto e ne tesse le lodi e chi resta basito e annichilito. Delbono è oltre la normale concezione di ciò che è teatro. Non è per tutti, e pochi sono per lui. Mi chiedo ancora sei lui sia per me ed io sia per lui; fatto sta che Pippo e il suo spettacolo Orchidee, non lasciano certo indifferenti. E ciò, per chi fa questo mestiere non è cosa da poco.
Usciti dal teatro, non puoi non parlare di ciò che hai osservato, visto, sentito, percepito. Perché di sicuro non si assiste solamente, ma si partecipa di più che con i soli occhi. Cosa ho provato? Tutto. E niente. Parlando con il regista Gabriele Russo, del quale ho avuto modo di apprezzare la prova da regista in Arancia Meccanica lo scorso anno, ho cercato una via, una strada per far ordine nei miei pensieri. Un’altalena. Ecco, durante lo spettacolo sono stata per due ore circa seduta su un’altalena. Alcuni momenti sono stati alti, aulici, da pelle d’oca. La lettura a voce tonante di Romeo e Giulietta mi ha fatto venire i brividi, ed ero più su dei rami dell’albero ai quali ero attaccata con le corde che reggevano la seduta basculante e pochi minuti dopo mi chiedevo dove stesse andando a parare l’artista. Quella di Delbono non è una messa in scena classica, dove c’è una storia, un inizio, magari una fine, ma è un miscuglio di personaggi e situazioni che possono far storcere il naso o innamorare perdutamente. Ha perso da poco la madre che sarà spesso chiamata in causa. Madre, croce e delizia di quest’uomo che cerca se stesso, o un posto dove andare, ma purtroppo non esiste nel mondo un posto dove andare.
L’orchidea è quindi qui un simbolo di bellezza, passione, erotismo, eleganza, cattiveria, poiché tanto bella quanto carnivora e pericolosa. E si alternano persone, non personaggi, down, anoressici, muti, pazzi, grassi e calvi, che liberati da fili e schiavitù girano in cerchio privi di pregiudizi e vestiti. E alle persone si alternano frasi che sembrano uscite dai baci Perugina ma sono dettate con parsimonia e incastrate come pezzi di un puzzle. Bukowski, Neruda, Oscar Wilde e persino il Kerouac di On the road, nello spettacolo è presente una miscellanea di artisti e una colonna sonora che spazia da Enzo Avitabile ai Deep Purple, passando ovviamente per l’opera lirica di Mascagni. Delbono è tutto questo e molto di più. Se avete voglia di fare un giro sull’altalena, non perdete questo spettacolo.
Teatro Bellini, fino al 29 marzo 2015
Orari spettacoli: mart/giov/ven/sab ore 21 – merc/dom. ore 17.30
Prezzi biglietti: da euro 12 a euro 30
Durata: 1 ora e 55 minuti senza intervallo