Siamo l’Opera
Oggi vi parlerò di questo video e del progetto che ci sta dietro. Un progetto importante.
Vi parlerò dell’Opera Italiana. Come, direte voi, che c’entra con Ziggy?
Sì io sono cresciuta con il rock e i cantautori in tutte le loro sfumature, è indubbio. Ma non è tutto. La mia musica non è stata solo quella, e la differenziazione tra musica colta e musica pop per me non esiste veramente. Per esempio, già da ragazza, io amavo scrivere. La musica mi dava ispirazione, stimolava la mia creatività. Scrivendo, sentivo il Messiah di Haendel o i Doors, la Bohème di Puccini o i Deep Purple indifferentemente, tanto per fare due esempi qualsiasi.
L’importante era che ci fosse musica: tutto ciò che trovavo di musicalmente bello sulla strada della vita lo facevo mio. Bastava che ci fosse magia, emozione. Ero onnivora.All’opera mi ci portavano di tanto in tanto ma, ad essere sincera, a quel tempo, non la preferivo. Sentire a casa le arie o le ouverture dai dischi dei miei genitori andava bene, ma quando dovevo stare a teatro a sorbirmi quattro atti di melodramma perché uno zio suonava il clarinetto nell’orchestra e l’altro cantava nel coro, era troppo. Tra l’altro i giovani e l’opera, negli anni settanta, sembravano mondi lontani. Ma sarebbero venuti presto i tempi in cui il film Il Padrino avrebbe fatto conoscere a tutti l’Intermezzo della Cavalleria Rusticana e molti avrebbero visto Pretty Woman-Julia Roberts farsi portare da Richard Gere a vedere la Traviata.
Ed io con tutto il mio rock è lì che poi son finita. All’Opera. Un po’ per caso un po’ per destino. E oggi ne sono molto felice. Ho lavorato per la lirica quindici anni ed è stata una delle esperienze più esaltanti della mia vita.
Ed io con tutto il mio rock è lì che poi son finita. All’Opera
Ma veniamo al progetto che ci viene presentato in questo video, e di cui voglio parlarvi qui. Si tratta del riconoscimento dell’Opera Italiana come patrimonio dell’umanità da parte dell’Unesco. Quando ho sentito parlare di questa iniziativa non ho potuto che aderirvi nell’ intimo. Lo trovo un riconoscimento doveroso.
Certo che, trattandosi di un patrimonio immateriale, ho capito che l’impresa non era facile, e poiché conosco il regista di questo video, Daniele de Plano, direttore artistico del Festival Pucciniano e regista teatrale, televisivo e cinematografico, col quale tra l’altro ho condiviso uno dei primi e più bei progetti musicali della mia vita di operatore culturale, ho voluto parlarci di persona per saperne di più.
Daniele mi ha raccontato di essere stato contattato e coinvolto da Micaela Carosi, membro del direttivo dell’associazione Cpi, cantori professionisti d’Italia (qui per saperne di più), che si è fatta promotrice della candidatura dell’Opera Lirica Italiana a Patrimonio Immateriale dell’Umanità.
Scopo della candidatura, ci informa il Cpi, «è quello di evidenziare la molteplicità dei saperi e delle conoscenze che rendono l’Opera Lirica mezzo di diffusione della cultura italiana nel mondo; in particolar modo ci si propone di preservare la trasmissione orale dei saperi e delle tecniche del “belcanto italiano”».
E’ parlandoci della loro esperienza di vita, della loro missione culturale, che i maestri e gli artisti si fanno testimonianza vivente della necessità di questo riconoscimento
Il video raccoglie le testimonianze di grandi professionisti e maestri del Teatro Musicale, che si fanno portatori del messaggio di unicità di questa ricchezza culturale tutta italiana, e dei valori insiti in questo patrimonio. E’ parlandoci della loro esperienza di vita, della loro missione culturale; è spiegando il proprio canto o alzando la bacchetta davanti a un’orchestra, che personalità del calibro di Zubin Mehta, Dario Fo, Renata Scotto, e cantanti tra i più talentuosi e apprezzati dal pubblico quali Leo Nucci, Renato Bruson, Daniela Dessì, Juan Diego Florez, tanto per citarne alcuni, si fanno testimonianza vivente della necessità di questo riconoscimento.
Daniele mi ha raccontato la sua emozione personale nell’incontrarli e nel vedere l’entusiasmo con il quale trasmettevano il loro sapere, ma anche il loro orgoglio per aver portato il messaggio di questa arte nel mondo. Emozione che ha saputo trasmettere pienamente a chi guarda.
l’Opera è fatta di tantissime professionalità e manualità che noi italiani abbiamo tramandato e insegnato nel mondo
Oltre alle voci dei maestri (io li ricordo spesso in momenti più privati, che mi hanno dato tutta la misura della loro grandezza umana oltre che professionale) devo gran parte dell’entusiasmo che ho provato guardando il video alle immagini dietro le quinte, al coinvolgimento delle diverse professionalità specialistiche che fanno il Teatro d’Opera. Perché l’opera è fatta di tantissime professionalità e manualità che noi in Italia abbiamo tramandato e insegnato nel mondo.
Penso ai maestri di sartoria, ai costumisti, agli scenografi, i mimi, i ballerini, i truccatori, i suggeritori, ma anche ai macchinisti che inventano quei meccanismi così perfetti per le architetture della scena teatrale. Penso ai maestri del coro, a coloro che trascrivono le parti per gli strumenti… agli insegnanti di canto e recitazione.
Daniele mi faceva notare che spesso l’opera coinvolge tutte le sensorialità dell’individuo. Un tempo anche il gusto, dato che dalla fine del seicento fino agli inizi dell’ottocento nei palchi d’opera si mangiava persino, si banchettava addirittura, e spesso si corteggiavano persino gli amanti!
nei palchi d’opera si mangiava persino, si banchettava addirittura, e spesso si corteggiavano persino gli amanti!
L’ Opera Italiana è fatta di noi. Dei nostri sentimenti, della nostra espressività. Della nostra ironia, della nostra storia. Dei nostri pregi e difetti. Della nostra lingua. E’ un ambasciatore della nostra cultura.
L’ Opera Italiana è fatta di noi. Dei nostri sentimenti, della nostra espressività. Della nostra ironia, della nostra storia. Dei nostri pregi e difetti. Della nostra lingua. E’ un ambasciatore della nostra cultura.
si ringrazia Stefania Panighini per le foto di scena
