Capitolo uno
Capitolo uno. Albeggia. Tutto si contende in tre. Le distrazioni, le affinità e le illusioni. Parola d’ordine, “precisione”.
L’essere discontinui nel vedere muovere le cose. Rimboccarsi le maniche e correre sbattendo la testa. Che poi ti passa e non serve a molto dire basta. Si dilaterebbero soltanto le sensazioni di dolore.
Ogni montagna ha una forma reale difficile da disegnare e da distinguere. La prima luce è rara perché non tutti riescono a goderne. Per molti potrebbe non esistere.
Capitolo due. Qualche nuvola bianca sfuma questo enorme telo terso. A metà mattinata uno spuntino, se c’è tempo. La macchina è rimasta a secco. Frenesia dettata dalle abitudini. Decine di faccende da sbrigare. Non esiste più il ruolo di casalinga di una volta e il marito che lavora. Adesso vi sono disoccupati e disoccupate che riempiono le strade in cerca di lavori saltuari o di occupazioni mentali che distraggano dalla realtà dei fatti.
Queste strade vengono asfaltate e riparate e rappezzate almeno trenta volte l’anno. La tonalità del grigio varia di chilometro in chilometro, di metro in metro, di centimetro in centimetro. Nessuno vuole fare quello che dovrebbe.
Capitolo tre. Pranzo rigorosamente a tavola, con tutta la famiglia intorno. A turno si cucina o si lava. Domande e argomenti, sempre gli stessi. Le ultime notizie di cronaca, che sia nera o rosa o gialla, sono sempre in primo piano. Niente spazio per le emozioni. Un po’ di frutta e poi il caffè. Uno sguardo al Mondo attraverso i social o il web, più in generale.
Capitolo quattro. Sempre in macchina. Giro di telefonate o contatti in messaggistica istantanea alla ricerca di qualche eventuale opportunità. Più lentezza nei movimenti. La stanchezza inizia a farsi sentire. Il nervosismo anche. Intanto inizia a mutare il paesaggio che circonda il tutto. Il sole si abbassa (certo, dipende dalla stagione) e le montagne tornano a mimetizzarsi. A pensarci bene, non si riuscirebbero a contare tutti gli alberi che abitano sul loro dorso. Ora ci vuole un caffè con gli amici, al tavolino di un bar molto frequentato.
Capitolo cinque. Cena veloce. Facce concentrate sul piatto. Rielaborazione di una giornata simile a tutte le altre. Con la sola illusione di aver fatto qualche passo in avanti. Fase digestiva in corso. Un po’ di televisione, film al computer, chat varie. Con le tapparelle abbassate, non esistono auto e giardini pubblici. La sera triste di quartiere è esiliata da finestre di alluminio e tapparelle di plastica dura.
Capitolo sei e ultimo capitolo. Finalmente giunge il meritato riposo. Il brivido di freddo mentre ci si spoglia è una sensazione che lascia spazio alla sicurezza che in pochi secondi il materasso accolga corpi stanchi. Un paio di pagine del libro sul comodino, qualche brano musicale o un’ultima spiata ai social network. Poco di interessante. Mentre si chiudono gli occhi, da qualche parte casca il chiarore della luna.