Soffitta sul mare – parte seconda
…Qui la prima parte
Ormai le ho promesso di portarla a mangiare il cous-cous, così stasera la passo a prendere, a dire il vero le ho scritto su un foglio le otto, ma sono già le nove e mezzo. Abbiamo chiuso tardi, e poi, non ce l’ho fatta, sono salito in redazione da lei. Era in diretta con una tv privata, chiusa in una stanza con le telecamere, io la vedevo sul monitor della sala conferenze: i suoi movimenti, i suoi capelli, il modo di muovere le labbra. Quella voce scura, grave. Quasi maschile, perfetta. Ho aspettato a lungo, la diretta era finita da un bel po’. Ho capito che sapeva che ero lì. Me ne sono andato. Mi bastava annusare il profumo sul suo maglione, vederle ruotare la testa o alzare la sua mano magra per infilarla tra le lunghe ciocche dei capelli. Niente.
Sono arrivato a casa, Olga è seduta al tavolo di cucina con addosso un maglioncino traforato di cotone azzurro, vestita da luogo comune. Ma come faccio a dirtelo russa? Non ti si può mica offendere, già ti tratto come una suppellettile, poi devo criticare i tuoi abiti in una lingua che nemmeno comprendi?
Lei mi sorride, dice persino: Pronta!
E come lo dice bene, senza accento, senza uovvv e vovvv.
–Cavolo sei diventata brava! Solo dieci giorni che sei qui…
Nemmeno la metà del tempo che io non vedo lei, tu impari a dire pronta e io ho disimparato ogni idioma, non ho più la favella.
–Sono inaridito. Non mi interessa nulla. Andiamo alla taverna, Olga, il cous-cous migliore di città.
il modo di muovere le labbra… quella voce scura, grave… quasi maschile, perfetta.
Mentre ci penso, siamo arrivati alla taverna, io e questa russa vestita di celeste. Entro, dico subito al patron che è la mia ospite.
-Me l’ha affidata il circolino, dico, è qui per uno scambio culturale. E’ una poetessa russa, si chiama Olga, credo. Sa dire oramai qualche parola, dice molto bene pronta!
–Sei pronta per il cous-cous Olga? Le chiedo. Lei sorride.
Questa volta non ha capito, o forse non si presta a questo stupido gioco, ha una dignità Olga, ne ha più di me.
Mentre ceniamo mi chiama Mario.
–Ehi Guido, son passato da te, ma non c’era nessuno, è per la russa. Hanno chiamato dalla sua associazione. Dicono che ha vinto un importante premio di poesia…
-Senti Mario, come si chiama la poetessa?…
-Si chiama Olga Kalinovskaia, dice Mario. Al fine settimana ha l’aereo per rientrare, deve andare a ritirare questo premio, se non è presente il governo glielo annulla…
-Va bene ma chi lo spiega a lei? Siamo alla taverna per un cous-cous…
Passo da te domani con l’interprete Guido. Buonanotte.
Alla fine non ho resistito e sono salito di nuovo alla sua redazione. Ero deciso, l’avrei affrontata davanti a tutti, avrebbe dovuto ricevermi. Invece l’ufficio era chiuso a chiave e il collega accanto di stanza mi ha detto che è in trasferta per quattro o cinque giorni alla redazione centrale.
Ho preso l’ascensore per scendere e mi sono dimenticato di premere il bottone, sono rimasto là dentro per un po’ sino a che mi hanno chiamato al sesto piano, e sono sceso con loro al piano terra così ho trovato la via per uscire. Lei non è in città, non mi interessa niente, vado nei locali a cena solo nella speranza d’incontrarla, giro per i bar a colazione nell’illusione di vederla dentro che si sta prendendo un caffè, passeggio alla marina come i cani, lungo il marciapiede, per vedere se trovo lei col suo.
Allora stasera rientro a casa, magari porto un dolce per la russa. Mi viene in mente solo ora che domani parte, è il caso di andarla a salutare.
cavolo Olga, non so esserti grato, mi sono persino dimenticato di comprare il dolce, ma tu come lo sapevi che rincasavo?
Mi sono seduto, ho mangiato in fretta come se dovessi di nuovo uscire, e invece poi sono rimasto lì, a sedere davanti a Olga che mi sorride, e mi dice qualche parola ogni tanto, nella mia lingua.
-Piacere carne? Io faccio cenni con la testa, muto, come era muta lei all’inizio.
–Io fatto piatto di famiglia! Annuisco ancora.
Lei mi dice: grazie! Un bel grazie proprio senza accento, e poi tira fuori un pacchetto di fogli di taccuino.
–Queste poesie per te, in russo, ma date per traduzione, Mario promesso fare!
-Cavolo Olga, non so esserti grato, mi sono persino dimenticato di comprare il dolce, ma tu come lo sapevi che rincasavo?
-Ultima sera di Olga, forse salutare?
-No Olga, figurati, avevo ben altro per la testa io, manco me lo ricordavo che era l’ultima sera, lo vuoi proprio sapere, guarda che razza di stronzo che sono!
Olga mi ha guardato come per dire lo so che hai altro per la testa. Poi ha abbassato lo sguardo sui suoi mocassini color disperazione.
Allora ho sentito il vento provenire da sopra, aveva lasciato la finestra aperta su in soffitta, aperta sull’orizzonte. Mi sono alzato di scatto e sono salito. Ho visto le sue piccole cose, in un cantuccio, un piccolo mucchio già pronto per sparire in una piccola sacca, la sua forma appena accennata sul materasso, qualche foglio ancora appoggiato sull’angolo dello scrittoio. La finestra del tetto aperta. Lei è rimasta da basso e mi guardava, come per dire: affacciati, l’aria è tua.
invece mi sono rivolto a lei e le ho detto: Olga, l’hai spostata tu la marina?
Invece mi sono rivolto a lei e le ho detto: Olga, l’hai spostata tu la marina?
E lei si è messa a ridere! Prima poco, poi di più, avevo paura che ridesse sguaiatamente, odio le donne che ridono in modo sguaiato. Invece rideva, e le scendevano le lacrime, non so se dal ridere o perché davvero le facevo pena.
Mi ha contagiato, mi sono messo a ridere pure io, prima poco, poi un po’ più forte, ridevo mentre scendevo la scaletta, e avevo paura di cadere.
Abbiamo riso un po’ insieme, le ho detto: sei simpatica Olga! Lo sai…
Simpatica non lo sapeva, è corsa al vocabolarietto, a guardare, e si asciugava quelle grosse lacrime che uscivano trasparenti dalle pupille trasparenti sul suo incarnato troppo chiaro.
Le ho detto: Vado a prendere questo dolce qua dietro dal pasticcere, ci metto poco, capito? Tu prepara i bicchieri, porto anche lo spumante, e così brindiamo a domani Olga, al tuo viaggio, al premio, e chissà che non mi faccia bene stasera pensare ad altro, torno subito.
Ho acceso una sigaretta mentre percorrevo la marina, e per la prima volta, forse, sentivo gratitudine per questa ragazza russa, che mi aveva fatto compagnia.