Ammirarsi nell’oscurità — Luce e buio
« Quando serriamo le palpebre, non vediamo nulla perché siamo al buio, o perché smettiamo di guardare? »; Andrea se l’era sempre chiesto, e l’aveva domandato anche a chi pensava potesse saperlo —al padre, alla professoressa, a google, agli amici—, ma non aveva ancora trovato una risposta che lo soddisfacesse. Ogni tanto provava a dedurlo da solo: si metteva tranquillo sulla poltrona rossa, chiudeva gli occhi e cercava di capire se con la forza del pensiero potesse osservare il buio dietro le palpebre, come si osserva il buio di una stanza di notte. Niente da fare, non riusciva a cavarne un ragno dal buco; però in compenso aveva scoperto che, concentrandosi e strizzando gli occhi forte, poteva arrivare a vedere la luce. Non quella del sole, quella è unica e inimitabile, ma la luce dei lampi sì, quella la poteva ricreare davanti (o dentro? O dietro?) gli occhi.
Gli avevano detto che il buio fa paura perché maschera la realtà e il timore del buio altro non è che l’irrequietezza di non riconoscere il conosciuto. Poi si accende l’interruttore e le pareti riappaiono, i cuscino ridiventa arancione e la finestra torna al suo posto; tutto bene, la paura si è dissolta. A lui però piaceva il buio, lo rendeva più sensibile alle cose; dimenticandosi di che colore erano le sue mani e non avendo davvero nulla sul quale perdere lo sguardo, era costretto a guardare se stesso, ma da dentro, al buio.
E allora si concentrava su quello che aveva nel petto, riconsiderava la sua rabbia (che nell’oscurità, in fondo, non si vedeva nemmeno), e sentiva più definite le sue intenzioni, vedeva cosa davvero voleva intensamente, senza cianfrusaglie, in modo trasparente. Se è vero che nel buio ci si nasconde, al contrario Andrea nel buio si spogliava: si osservava nella mera nudità del suo specchio interiore e nell’assenza totale di luce. Era impossibile dirsi bugie o coprirsi con vestiti presi in prestito da altri; nella stanza al buio, nel petto buio, nella testa buia c’era solo lui. Nudo.
Se è vero che nel buio ci si nasconde, al contrario Andrea nel buio si spogliava
« Quando serriamo le palpebre, non vediamo nulla perché siamo al buio, o perché smettiamo di guardare? Se potessi chiudere mentalmente gli occhi —lasciando aperte le palpebre— potrei portare il mio buio ovunque, anche nella follia di luci di un festival musicale ».
Silvio lo accusava di essere un po’ matto quando gli confessava cose del genere, e non riusciva proprio a capire questa sua mania del buio pesto; gli diceva amichevolmente che doveva avere qualche rotella fuori posto, perché l’avversione al buio è istintivamente normale in natura.
« Tu non capisci — gli rispondeva seccato Andrea —, quando sono al buio io ho la luce ce l’ho dentro gli occhi, mi basta solo volerla ». E nella penombra del loro amore, emblema del compromesso del loro essere opposti, continuavano a discuterne per lunghe ore, mano nella mano.