L’idraulico
È entrato diffondendo intorno profumo di buono. Un profumo per nulla vezzoso, nemmeno troppo maschio. Essenza di pulito, di pelle sana e giovane appena uscita da una carezza schiumosa. Una scia che solletica le narici e risveglia tutti i sensi.
Il giovane idraulico probabilmente si è fatto la doccia prima di venire a casa mia. Ha ancora i capelli umidi, ricci scuri scompigliati in cui viene voglia di tuffare le mani per scioglierne i nodi. Ammesso che ce ne siano. Perché in realtà appaiono molto morbidi. Sarà anche uscito dalla sua doccia, ma adesso sta per entrare nella mia. Deve montare il nuovo box.
A me l’odore di pulito dà alla testa, meglio del profumo più pregiato. La pelle di un uomo che sa di pulito mi eccita più di invisibili ferormoni. Mi agito mentre immagino il ragazzo sotto un getto di acqua bollente, tra nuvole di vapore che mostrano e nascondono. Chiudo istintivamente le cosce, sento dell’umido, là in mezzo; incrocio le gambe, ma vorrei spalancarle.
Accompagno il giovane idraulico in bagno e lui si mette all’opera. Incerta se restare a guardare e risultare invadente o andarmene per non dare fastidio a chi lavora, prendo tempo e rimango appoggiata alla porta. Lui ha aperto la sua borsa porta attrezzi e disposto sulle piastrelle, per terra, tutti i pezzi.
I ricci danzano a ogni movimento della bella testa. Si stanno asciugando.
Cerco di intavolare un discorso generico, per fare un po’ di chiacchiere, ma ho la gola secca. Quell’odore di buono mi si è impigliato nelle corde vocali ed è poi riuscito a stabilirsi al centro delle mie voglie. Lui continua a lavorare fischiettando. Ha mani grandi, abbronzate, che si muovono sicure. Un pezzo non s’incastra perfettamente: lui lo carezza e spinge, spinge, lo carezza e spinge, spinge, quasi con ritmo definito e crescente, fino a che l’incastro non riesce perfettamente. Sorride compiaciuto e a me scappa un gemito.
Alza gli occhi su di me. Sono blu come l’oceano, limpidi come l’acqua che gli è scivolata addosso poco prima di venire da me. Lui e l’acqua nella mia fantasia formano il connubio perfetto, aggiungere l’odore del sole e del sale non fa che evocare il paradiso dei sensi. Che ci fa una creatura così marina in un bagnetto dalle piastrelle rosse? Il suo posto è tra le onde, a cavallo di un delfino.
Monta il miscelatore. Anche questo sembra aver bisogno di una carezza circolare, lenta, insistente, dapprima lieve, poi più decisa. Colui che lo sta maneggiando lavora senza guardare, perché il suo sguardo rimane agganciato al mio, così scoperto nella vulnerabilità dell’immaginazione. Quei componenti non sanno che fortuna stanno subendo. Non immaginano la mia invidia, quanto vorrei stare al loro posto, essere maneggiata come loro da quelle mani sapienti, tenere ed esigenti che trovano la posizione giusta, l’incastro perfetto.
Le pareti del box in un attimo sono montate.
È la volta del soffione. Su e giù, lungo il manico, si sposta la mano dell’uomo; la mia la segue a mezz’aria, nello stesso movimento, idealmente appoggiata a quello specifico pezzo di carne. Cambio posizione, non ce la faccio più, inevitabilmente mi porto avanti e mi appoggio sul lato aperto del box mentre lui è dentro. Non sono ancora stata capace di spiaccicare una parola e non riesco a deglutire tutta la saliva che sto producendo. Direi che sto letteralmente sbavando. E smaniando.
Nemmeno lui ha emesso un suono che non sia il fischiettio di poco fa e che ora ha accantonato. Così da vicino vedo che il suo respiro ha accelerato. L’arteria sul collo batte impetuosa, lo sguardo si è allagato. L’oceano è a portata di mano, qui di fronte a me. Le pupille dilatate lasciano intravedere promesse di perdizione pura.
Le pupille dilatate lasciano intravedere promesse di perdizione pura.
Io indosso soltanto un paio di calzoncini corti e una maglietta bianca, non uso biancheria. L’acqua che mi arriva dolcemente addosso incolla gli indumenti al mio corpo, li rende trasparenti, sono praticamente nuda, tuttavia non riesce a spegnere il fuoco che mi sta incendiando. Anzi, lo alimenta.
Il fuoco brucia anche nell’oceano. Gli occhi blu del giovane mi inghiottono, mentre lui mi afferra per un braccio e mi trascina dentro. Ora il suo profumo è addosso alla mia pelle, lo laviamo con l’acqua che sta continuando a scorrere dal soffione appeso di nuovo al suo posto. In meno di niente siamo zuppi entrambi.
Mi ritrovo col viso appoggiato a una parete del box, con lui che mi preme da dietro. Temo di poter sciogliermi dal desiderio se non si sbriga a fare qualcosa… E lui in effetti qualcosa la fa.
Mi sfila la maglietta, mi aiuta a togliere i calzoncini, trova il bagnoschiuma e comincia a insaponarmi tutta. Curioso, ha lo stesso odore che ho annusato quando lui è entrato, non me n’ero accorta. La morbidezza della schiuma che lui mi spalma ovunque mi fa quasi urlare. Quando finirà questa tortura?
Mi aggrappo alle sue cosce, forti come tronchi sotto i pantaloni bagnati.
Cerco di comunicargli l’intensità della mia emozione, della mia voglia, e così facendo incontro la sua, e mi manca il fiato. Sono in apnea, sono in immersione nell’oceano dei suoi occhi, l’acqua è intorno a noi e ci sommerge, facciamo mille giravolte senza gravità, avvinghiati senza un domani né un presente, meno che meno un passato, in mezzo a una nuvola di creature coloratissime.
China la testa, mi bacia e sa davvero di mare. La sete non si spegne.
In piedi contro la parete di finto vetro del box, o volteggiando nella carezza del mare; che importa dove siamo? Conta che siamo una cosa sola, ormai, un incastro perfetto, due componenti d’un insieme, uno dentro l’altra. Siamo nati per restare così. Per quello che mi riguarda con un urlo selvaggio ho sorvolato tutto l’universo e sono oltre. Sono a cavallo del delfino anch’io e tutta quest’acqua, quest’acqua meravigliosa…
Qualcosa non torna. Sono bagnata sì, ma di colpo l’impressione è di una posizione non usuale. Apro gli occhi e mi ritrovo a fissare il mio soffitto. Di seguito le pareti con le piastrelle rosse e due occhi azzurri appesi. Leggo ansia in quell’immensità, mentre io ricordavo le fiamme del desiderio e la passione pura. Che è successo?
Mi dice con un certo imbarazzo che sono svenuta là, sulla porta, che si è preoccupato, chiede se può fare qualcosa per me.
Il profumo di pulito, l’aroma di buono, nelle narici… Richiudo gli occhi.
Certo che puoi fare qualcosa.
Puoi portarmi a cavallo delle onde, e poi possiamo restare abbracciati, io, te e il delfino.