Perché lo hai fatto, Günderrode?
“Wo ich nicht bin, da ist das Glück. Christa Wolf, Kein Ort. Nirgends”
“Nei primissimi anni novanta, trasferitami da qualche anno a Monaco di Baviera, mi misi a studiare per il Diploma di Tedesco. Appassionata da sempre di filosofia e di letteratura germanica cominciai a rileggere alcuni romanzi, quelli che mi avevano appassionato sin da ragazzina, in lingua originale, e ad accostarmi a testi moderni e contemporanei direttamente in tedesco.
Il muro era caduto da poco, e io lo avevo visto qualche anno prima ancora in piedi; lo avevo lasciato lì a separare due mondi che un tempo erano stati uno solo, ed ora parevano inconciliabili. Le opere dei grandi autori della ex-Ddr arrivavano finalmente ad Ovest. Così mi imbattei nel romanzo di Christa Wolf, Kein Ort. Nirgends (Nessun luogo, da nessuna parte). Fu lì che incontrai il personaggio di Karoline von Günderrode, uno dei maggiori poeti romantici tedeschi, nata nel 1780 e morta suicida nel 1806.
Chi era Karoline von Günderrode.
Nata a Karlsruhe in una famiglia aristocratica seppur decaduta, figlia di un assessore e letterato, prima di sei figli. Alla morte del padre, a causa delle difficoltà di sostentamento, la madre decide di inserire la giovane Karoline in un collegio femminile a Francoforte, per formarla con un’educazione adeguata, auspicando che la figlia potesse contrarre in futuro un buon matrimonio.
In questi anni di vita in collegio Karoline studia da autodidatta letteratura, filosofia, mitologia, chimica, geografia, storia delle religioni, latino e prosodia, sviluppando una personalità forte e multiforme, che mal si conforma alle regole sociali. Ispirata dagli ideali di libertà ed indipendenza della rivoluzione francese, Karoline si sente uno spirito libero e in lei si afferma sempre più il desiderio di scrivere: questo nonostante frequenti mal di testa e disturbi del campo visivo che le consentono di utilizzare solo una carta verde, un colore che i suoi occhi – forse a causa di un glaucoma a quei tempi non riconosciuto – meglio sopportano. Per poter pubblicare le sue poesie, Karoline usa lo pseudonimo maschile di Tian. Vive in una società che concede alle donne di studiare le arti ma non di esercitarle professionalmente. Conosce e stringe amicizia profonda con i giovani della famiglia von Brentano.
Con Bettina, Gunda (Gwendolyn) e Clemens; soprattutto con Bettina Brentano, poi von Arnim, nasce un rapporto speciale, sostenuto dai comuni interessi culturali e letterari. Bettina scriverà una biografia romanzata di Karoline, storicamente non molto attendibile, intitolata Die Günderode (1840).
“La donna, Günderrode, confinata in quel cerchio ristretto, meditativa, perspicace, integra, risoluta a vivere per l’immortalità, a sacrificare il visibile all’invisibile. Che si siano incontrati: vagheggiata leggenda. Winkel sul Reno, noi l’abbiamo visto, un luogo adatto, Giugno 1804” Christa Wolf, Nessun luogo. Da nessuna parte
Il libro di Christa Wolf
In “Nessun luogo, da nessuna parte” Christa Wolf ipotizza e descrive l’incontro tra due poeti realmente esistiti: Karoline von Günderrode e Heinrich von Kleist – mai avvenuto nella realtà – e lo colloca nel giugno del 1804 a Winkel am Rhein, luogo dove è effettivamente morta suicida e sepolta la Günderrode.
Sag mir warum, Günderrode
Letto il libro della Wolf, fu molto forte in me il processo di identificazione con Karoline. Come spesso avviene quando vediamo un film, leggiamo un libro, ci sentiamo fatalmente attratti da un personaggio, leggiamo tra le pieghe della sua anima qualcosa di noi stessi, ci sentiamo scoperti, descritti, in continuità con loro.
Ma per quanto mi riguarda, nella storia di Günderrode c’è qualcosa di inavvicinabile, il suicidio. Nella mia storia personale e familiare questo è un argomento cruciale, intoccabile. Un nodo esistenziale. Così, una volta, mi ritrovai sulle rive del Reno a scrivere, di getto – come in un dialogo impossibile – una breve lettera a Karoline, una lettera che di recente ho ritrovato, e che qui pubblico senza porvi intervento. La lettera risale al 1994.
Perché lo hai fatto, Günderrode ?
E’ sempre stato un nodo cruciale. Quella volontà, estrema e distruttiva, di porre fine alla propria vita.
Prima ancora che lo sapessi e lo capissi, che era lo scoglio della mia storia, qualcosa in cui non potevo inciampare, ho riconosciuto che era il punto in cui dovevo distaccarmi da te. Lo dovevo eludere, faceva troppo male. Mi identificavo in te, Karoline. Ma non in quella fine.
Perché lo hai fatto? Lo hai fatto, è storia. Ti ha consegnato a quell’era, a cui sentivi di non appartenere, tu eroina romantica nonostante te stessa.
Ti vedo, vedo i tuoi momenti.
Tutti i tramonti contengono la memoria dolorosa di una fine, e la spinta appassionata di un nuovo inizio. E’ un memento.
Sensitiva e lucida. Di femminilità essenziale, sdoppiata, tra quell’amare la vita e non sapervisi adattare, tra il trovare le parole e non poterle dire, tra avere il coraggio di essere se stessa e già intuire che sia sconveniente. Nella tua poesia, lì sei altro, il maschile contenuto in te: Tian. Hai già due identità e due mondi che allargano la tua sfera, già sei immortale.
Perché allora Günderrode?
Tu eri già libera. Eri libera.
Essere inefficace non era per te. Non dovevi averne paura. Sarebbe uscita quella luce, tu avresti trovato la capacità di essere. Tra te e Tian nel mezzo, c’era la pura energia che spacca le gabbie, che dona all’essere, oltre il tempo, oltre la storia, la verità.
Tu intimamente rosso,
fino alla morte
ti somiglierà il mio amore,
non deve scolorire,
fino alla morte,
tu rosso bruciante,
Lei ti deve assomigliare.
Hochroth
Du innig Roth,
Bis an den Tod
Soll meine Lieb Dir gleichen,
Soll nimmer bleichen,
Bis an den Tod,
Du glühend Roth,
Soll sie Dir gleichen.
K. von Günderrode – Tian