Tempi moderni: addio alla pausa pranzo
Ho avuto il piacere e il privilegio di vedere Tempi Moderni (1936) di Charlie Chaplin pochi giorni fa al cinema Alcazar di Roma, grazie a Il Cinema ritrovato, un progetto di distribuzione di classici restaurati promosso dalla Cineteca di Bologna.
I film in bianco e nero hanno questa clausola: sono vecchi. Ebbene, con Tempi moderni in pochi minuti ci si ritrova immersi e partecipi delle avventure del povero Charlot, operaio sull’orlo di una crisi di nervi, forse più delle donne di Almodóvar.
Sono due esperienze sensoriali completamente diverse, ed è per questo che appena si presenta l’occasione un film dei tempi andati riproposto al cinema bisogna coglierla al volo.
Ebbene, con Tempi moderni in pochi minuti ci si ritrova immersi e partecipi delle avventure del povero Charlot, operaio sull’orlo di una crisi di nervi, forse più delle donne di Almodóvar.
Il protagonista, infatti, dopo essere stato ricoverato per un esaurimento nervoso causato dagli estenuanti e disumani ritmi di lavoro in fabbrica, si trova ad affrontare numerose avventure, in cerca non solo di un lavoro, ma anche e specialmente del suo posto nel mondo.
Tra carceri, cantieri navali, grandi magazzini e ristoranti, Charlot inciampa in infiniti buffi fallimenti, ma sarà l’incontro con una ragazza orfana a dare una scossa alla sua vita. Perché si sa: mal comune mezzo gaudio. I due, poveri ed entrambi ricercati dalla polizia, si riscattano, nonostante quasi tutti i loro tentativi di trovare lavoro si risolvano puntualmente in scene comiche. Il che unisce l’amaro e trito discorso sull’alienazione umana ai tempi delle macchine con la sua, forse voluta o forse no, soluzione. La capacità di non prendere sul serio nemmeno se stessi.
Ma veniamo al dunque: rinuncereste alla pausa pranzo?
All’inizio di Tempi moderni, Charlot ancora lavora in fabbrica e un bel giorno viene preso come cavia per testare una nuova e sorprendente macchina da alimentazione automatica, un metodo efficace per non far perdere tempo ai lavoratori, facendoli cioè mangiare mentre lavorano.
Un congegno in grado di spingere il cibo, inclinare il piatto con la zuppa, far girare la pannocchia e pulire la bocca: l’apice dell’ottimizzazione temporale. Addio pausa pranzo, inutile freno alla produzione.
Chissà se quei politici zelanti che qualche anno fa proposero la stessa abolizione, si erano per caso ispirati a questo film.
La macchina, in ogni caso, è difettosa e dopo qualche minuto si rompe, dando origine a una delle scene più comiche dell’intera pellicola. Oltre ad essermi goduta cinque minuti di risata allo stato puro – avete presente quando ridete veramente, fisicamente, e non solo mentalmente, vedendo una scena comica? – sono persino arrivata a pensare: “Mica male come idea.”
In quelle giornate in cui si hanno ottomila impegni sarebbe pratico avere uno strumento del genere. Risparmieremmo come minimo una buona mezz’ora. Pensate a quante cose si potrebbero fare in quei 30 minuti…
Pensiero orripilante. E’ stato scacciato dalla parte umana del mio cervello in meno di un minuto. Forse due.
Vi lascio la scena di Tempi moderni in questione. Se non vi farà venire idee malsane, sono sicura che perlomeno vi strapperà più di un sorriso.
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