I due amanti di Lu Riu
Lucia aveva lunghi capelli biondi e un sorriso da bambina. Amava correre scalza per le tanche, inseguendo le pecore che scappavano producendo un frastuono di din don e beeeee. Le spine non le ferivano i piedi, che metteva a bagno nel fresco torrente di Lu siatzu, o di Lu Riu, come lo chiamavano tutti. L’acqua era sempre fresca, anche d’estate, ma farci il bagno no, non era cosa, troppe correnti pericolose. Non piaceva a nessuno.
Lucia raccoglieva fiori e li intrecciava in ghirlande sbilenche, poi le metteva al collo della capra Mariedda che puntualmente le mangiava. L’acqua era gelida. Lucia immerse un piede e non fece nessuna smorfia. Poi l’altro, e pregò a labbra serrate.
Sistemava Mariedda in un angolo della cucina, ché non era da lasciare all’aperto di quei tempi, se volevi ritrovarla al mattino, e si sedeva alla modesta tavola. La cucina era una stanza di terra battuta e da una piccola porticina si accedeva alla camera da letto dove dormivano lei e sua madre. Non sapeva chi fosse suo padre, sua madre le aveva raccontato che era bello. Che i suoi occhi neri brillavano quando la stringeva a sé, che profumava di cenere e bosco, null’altro.
Farori lavorava all’orto con suo padre. Raccoglieva i pomodori sotto il sole cocente, arso dal caldo e dal terreno secco. D’inverno tagliava i carciofi e si lacerava le carni portandoli a fascine sulle spalle. Era alto e moro, con grandi occhi profondi che ti leggevano nell’anima. L’orto a mezzadria era l’unico sostentamento e non c’erano giorni di vacanza come a scuola, quella scuola in cui non era potuto andare, ma che suo cugino Filippo di Sassari gli descriveva ogni volta che si vedevano senza lesinare dettagli, per dispetto, solo per sottolineare che la sua famiglia i soldi li aveva, e che negli orti ci mandavano i dipendenti a lavorare.
Farori aveva 19 anni e non aveva fatto il militare. Primo figlio maschio di padre invalido, tant’era bastato per scamparsela. Ma forse era meglio fare il militare -pensava- piuttosto che sfasciarsi la schiena al campo.
Il giorno della piena de Lu Riu, Farori e suo padre, assieme agli altri uomini, cercavano di rafforzare l’argine. Pioveva ininterrottamente da giorni ormai e il terreno argilloso si era quasi arreso alla forza delle acque. Lucia stava tornando a casa con Mariedda quando un uomo basso e nerboruto le gridò: -Oh Lughì va a casa!- , -Eja ziantò sto andando.- rispose la giovane senza sollevare lo sguardo. Non voleva incontrare quello di Farori, qualcuno poteva accorgersi del battito accelerato del suo cuore.
Anche Farori fece finta di non vederla, fece finta di non aver accarezzato le sue carni bianche nella stalla del mezzadro, tra odore di paglia e sterco. Fece finta di non aver respirato il suo respiro, di non aver assaporato il gusto acido della sua pelle, di non averla amata con tutta la violenza e l’impeto dei suoi anni, mentre lei gemeva come una mucca durante il parto.
La pioggia smise e il fiume non fece in tempo a divorare i campi. Arrivò l’estate e la polvere prese il posto dell’acqua lasciando solo un piccolo rigagnolo nelle strozzature delle anse. Era lì che si baciavano al sole Lucia e Farori. Era lì che uno zio del ragazzo li vide. Era lì che sarebbe finito tutto. Matteu riferì al padre di Farori quanto aveva visto.
Quella sera Ninaldu parlò col figlio e il mondo prese a girare in senso contrario. Farori uscì di casa sbattendo la porta. Corse verso casa di Lucia, nel paese accanto. Corse fino a sentire un dolore sordo alla milza, corse tra i cespugli di cisto e lentischio, fino a raggiungere quella che non sarebbe mai più stata sua. Raccontò tutto alla ragazza, mentre le lacrime scivolavano come acido sulle guance. Lucia no, non pianse. Si irrigidì in un freddo di granito e tornò a casa. I due non si videro più.
Giunse l’inverno. Il fiume si era nuovamente ingrossato come una scrofa gravida. Livido di rabbia covava odio nel suo letto pietroso. Lo stesso odio di Lucia verso sua madre, verso quella donna che le aveva dato la vita e che ora gliela stava togliendo. Verso quella donna che aveva amato un uomo che sapeva di cenere e bosco, come il padre di Farori.
L’acqua era gelida. Lucia immerse un piede e non fece nessuna smorfia. Poi l’altro, e pregò a labbra serrate. S’infilò tra le acque con la determinazione rabbiosa di chi vuole fare un dispetto, di chi vuole fartela pagare. Scomparve tra i flutti.
L’indomani quella fu la notizia del paese, il suo e quello di Farori. Il giovane si vomitò sui pantaloni quando sentì comare Pitruzza raccontarlo in panetteria. Corse a casa e pianse altre lacrime che erano avanzate. Attese. Attese il momento opportuno per raggiungerla. Attese che la seppellissero e si impiccò sull’unico albero che faceva ombra alla tomba di Lucia. Morirono così i due amanti di Lu Riu.
Questa è una storia vera accaduta anni or sono in un paese vicino a quello di mia madre. Nomi di persone e luoghi sono stati romanzati, ma Romeo e Giulietta della Sardegna esistettero.