Il paradosso di Chris
Scrisse Mark Twain che due sono i giorni più importanti della tua vita: quello in cui nasci e quello in cui scopri il perché. Chris li ha già vissuti entrambi: nato il giorno di Martin Luther King, ha scoperto il motivo della sua venuta al mondo quando ha scritto i suoi primi versi all’ombra di un albero. Il suo albero, sotto il quale è andato a vivere per scelta.
“Quando hai il lavoro dei tuoi sogni, la casa e la macchina dei tuoi sogni, una famiglia e uno stipendio da urlo, il buonsenso vuole che non ci sia alcun motivo per essere infelici, per sentire il vuoto dentro”.
Ma seduto al tavolo di uno dei più lussuosi ristoranti di Londra, in compagnia dei dirigenti dell’azienda per cui lavorava – e che si accingevano a dargli il benvenuto nel consiglio di amministrazione, ha il coraggio di porre loro la domanda da un milione di dollari: che senso ha per te essere arrivato così in alto? “Il senso? – risponde uno – Il senso é approfittare della cuccagna fin che dura, ragazzo”. Non proprio il tipo di risposta che si aspettava. E il vuoto torna a farsi sentire, ancor più esasperante di prima.
“Il senso? – risponde uno – Il senso é approfittare della cuccagna fin che dura, ragazzo”
Decide allora che il senso lo avrebbe cercato a modo suo: lascia tutto ciò che ha e si trasferisce nel parco di Battersea. Al parco ci vivrà sette mesi, dall’aprile all’ottobre del 2002, mandando a gambe all’aria anche la sua vita privata. Paradossalmente, coloro che riescono a capirlo meglio sono i figli. “I miei ragazzi hanno vissuto con me l’intero processo che mi ha portato a prendere questa decisione. Ho semplicemente detto loro cosa andavo cercando. Era chiaro che fossi un padre piuttosto strano, ma seppero accettare la situazione molto meglio di chiunque altro”. Sembra che per esercitare il proprio diritto di scelta molto spesso ci si debba scontrare con la disapprovazione altrui, famigliari ed amici in primis.
“Non è stata una passeggiata – spiega Chris – ora la storia la racconto con il sorriso, ma ti assicuro che quando ci stavo dentro fino al collo non era così esilarante”. Tre erano gli aspetti che della vita nel parco più lo intimorivano: la pioggia, le formiche (“in fondo sono un Londinese” ammette ridacchiando) e la pazzia. “Ero il ragazzo di colore che viveva sotto a un albero e parlava agli animali. A un certo punto ho pensato mio Dio, il pazzo del parco sono io!”. Gli chiedo allora cosa sia la pazzia. “Pazzia è l’incapacità di controllare i propri pensieri”. Quindi a ben pensarci siamo tutti un po’ pazzi, persone con disabilità mentali escluse. Ammicca e annuisce “chi é veramente sano questo lo sa ammettere”.
La verità é che per la prima volta in vita sua Chris si trova ad avere nient’altro che sé stesso. Questo lo guida verso una nuova, gloriosa consapevolezza. “Quando vivi in stato di precarietà, svestito di ogni ruolo sociale, ti accorgi di essere nient’altro che un uomo. E sei grato di stare al mondo”. A suo dire, la gioia é lo stato di default dell’essere umano. “Guarda i bambini: a meno che non abbiano fame o stiano male, sono felici senza alcuna ragione apparente, per il semplice fatto di esistere”. Per dirla alla Milan Kundera, i bambini sperimentano l’insostenibile leggerezza dell’essere.
“In quel momento seppi con certezza quale fosse lo scopo della mia vita”
Quando non vende The Big Issue (il magazine che si acquista per le strade di Londra dai senzatetto) Chris legge Conversazioni con Dio di Neale Donald Walsch, ha il tempo di guardare le stelle, di osservare la natura, di stare a tu per tu con la sua anima. E finalmente di vivere il secondo giorno più importante della sua vita. “Era il mio anniversario di matrimonio. Scrissi una poesia e la inviai a mia moglie e a un amico. Quella stessa notte il desiderio di scriverne altre non mi fece quasi dormire. Il mattino dopo corsi a comprare carta e penna e ne composi altre due. In quel momento seppi con certezza quale fosse lo scopo della mia vita”.
Gli chiedo perché proprio la poesia, risponde che scrivere versi lo rende felice, che la gente apprezza. “Amo Henry David Thoreau e mi identifico con la figura del poeta guerriero che permea la sua opera”. A dirla tutta, qualcosa in comune con lo scrittore americano Chris ce l’ha: anche Thoreau visse in una capanna che si era costruito da solo, in solitudine, per dare inizio a quello che William Ellery Channing, suo amico e poeta trascendentale, definì il processo di divorarsi vivo.
Trovare uno scopo non lo tiene però al riparo dalla depressione o, come lui la definisce, da una crisi di mezza età che lo porta in America Centrale, dove vivrà una tra le peggiori (ma a suo dire migliori) esperienze di vita. E’ il febbraio del 2008. Messosi in cammino con alcuni membri della Rainbow Family giunge in Messico, dove durante un bagno in un ruscello cade su uno scoglio. L’incidente gli costa la gamba destra.
Chris dice che la vera forza dell’uomo non sta nell’impedire che gli eventi negativi si verifichino, quanto nella libertà di scegliere la propria reazione. Quando gli hanno amputato la gamba, ha scelto di dire a sé stesso che se la gente da credito a un poeta, tanto più ne darà a un poeta senza una gamba! Quella che lui non ritiene assolutamente una disabilità (“non mi sento disabile, semplicemente non posso fare un paio di cose”) lo ha portato a rapportarsi con la vera disabilità – quella delle persone che a causa di gravi disagi non possono aiutarsi da sole, ma che nonostante le difficoltà sono gioiose e fonte di gioia, la sua ispirazione – e a sondare i limiti del proprio corpo. Ad esempio sottoponendosi per due volte ad un digiuno di sola acqua, della durata di quaranta giorni ciascuno.
La chiave sta nella legge della radiazione, ossia nell’arte di manifestare la propria anima. Contrariamente a quanto vogliano farci credere libri come The Secret, che propugnano il concetto di predestinazione e di legge dell’attrazione, la vera felicità non sta nell’ottenere ciò che si desidera, quanto nel dare ciò che si crede di poter dare. Nelle culture extra europee si è in parte conservato il rito del passaggio dall’infanzia all’età adulta, finalizzato ad aiutare il giovane a trovare la propria ragione di vita. Le società occidentali, al contrario, sembrano voler mantenere l’individuo in un perenne stato di immaturità, incoraggiando lo sviluppo di ego e desideri infantili. Non c’è da stupirsi se ci sono trentenni che ancora giocano ai videogiochi.
“Le società occidentali, al contrario, sembrano voler mantenere l’individuo in un perenne stato di immaturità”
“La gente lotta per il successo, l’attenzione, il controllo, il potere. E ha una paura pazzesca di non ottenere queste cose, poiché non ottenerle significa in buona sostanza fallire. Ciò che non capisce é che così facendo si mantiene in balia del timore e della frustrazione”.
Un approccio produttivo all’esistenza, al contrario, si focalizza su quel che si può donare e si nutre di desideri maturi: la ricerca del proprio scopo di vita tramite l’ascolto della propria anima, la crescita personale, il contribuito positivo alla società. Perché ognuno di noi, nella sua unica formula genetica, può raggiungere obiettivi che nessun altro al posto suo potrebbe. L’universo è una forza che si auto equilibra e ciascuno di noi, in quanto parte dell’universo, è fondamentale affinché tale equilibrio si mantenga. “Noi siamo l’universo in vesti umane!” dice rivolto alla platea.
Oggi Chris aiuta le persone impegnate a sopravvivere a fare un’esperienza di vita significativa. “Il maggior rimpianto confessato dai moribondi sul letto di morte – dice – é quello di non aver saputo vivere secondo i propri desideri, quanto invece secondo le aspettative degli altri”. Il progetto che ha avviato, Your Unstoppable You (Il Te Inarrestabile), si rivolge quindi a chiunque voglia avere una vita gratificante, sia a livello personale che professionale. Il metodo, che ha delle similarità con la teoria cognitivo comportamentale, si articola in tre fasi: il riconoscimento che il dialogo mentale che ognuno di noi sostiene con sé stesso molto spesso ci preclude la capacità di sperimentare la gioia di vivere, la sintonizzazione con la propria dimensione geniale (quella che i poeti chiamano la Musa Ispiratrice), la rivalutazione degli eventi negativi della propria vita in chiave significativa.
“Il maggior rimpianto confessato dai moribondi sul letto di morte – dice – é quello di non aver saputo vivere secondo i propri desideri, quanto invece secondo le aspettative degli altri”
“Il risultato?” chiedo io. “Il risultato sono persone che hanno una visione chiara dei propri obiettivi, gratitudine per ciò che hanno, la tenacia di perseverare nell’azione, una fede completa nel risultato”. Ossia gente forte, volitiva, libera dai condizionamenti sociali. Gli chiedo se tutto ciò non abbia un che di sovversivo. Ride. “Certo, quello che vado in giro a dire é pericoloso sotto due aspetti: prima di tutto per la zona di confort in cui ognuno di noi si adagia per non dover correre il rischio di cambiare. E poi per la società in generale. A volte mi sento come il ragazzino della fiaba I vestiti nuovi dell’imperatore. Quello che ha il coraggio di urlare “l’imperatore é nudo!” svelando così la menzogna in cui la società si ostina a vivere”.
Gli faccio notare che il nome con cui è noto al pubblico, Christopher, deriva dal greco Christophoros e significa “portatore di Cristo”. Gli chiedo allora se nei suoi corsi motivazionali abbia mai parlato di Dio. “Nonostante il concetto di Dio sia ricorrente nei miei pensieri – parlavo a Dio quando stavo nel parco – non lo menziono subito a coloro che seguono i miei corsi. Almeno non fino a quando capiscono veramente ciò che io intendo con la parola Dio”. Che non é il Dio biblico, l’anziano con la barba lunga che premia o punisce, gli faccio notare. “Esatto, Dio non può essere descritto. Dio è l’amore incondizionato”.
Quello che invece non temporeggia a menzionare é che, dopo aver letto Conversazioni con Dio, per lui le persone sono angeli che muoiono dalla voglia di relazionarsi, di svelare la propria umanità. Per questo motivo – e anche per imparare a non prendersi troppo sul serio, suppongo – spesso si sottopone all’esercizio di iniziare una conversazione in ascensore, o di cantare in metropolitana. “Il minimo che ricevo è una stretta di mano” assicura. In una Londra formalista ed alienante, in cui un semplice scambio di sguardi può già di per sé rappresentare una sconvenienza, Chris non ha paura di fissarti negli occhi, di esporsi a quel che vi potrebbe trovare, a quanto dai suoi potrebbe trapelare.
“Chris non ha paura di fissarti negli occhi, di esporsi a quel che vi potrebbe trovare, a quanto dai suoi potrebbe trapelare”
Averlo tutto per sé durante l’intervista sembra una missione impossibile: la gente gli stringe la mano, lo ringrazia per l’energia positiva che diffonde, per l’ispirazione che sa dare. Io me ne sto a guardare, avvolta dalla luce morbida del pub, sorseggiando beatamente un succo al mirtillo. E sorrido e penso che nonostante tutti i paradossi quest’uomo possa mai rappresentare, incredibilmente di paradossi io non ne vedo neanche l’ombra.
Chris Paradox, incontrato a Gathering of Minds, in cui é intervenuto come oratore, ispira ogni giorno le persone con la sua storia, le sue poesie e i suoi corsi.