Il kebbeh: la ricetta libanese e quella di Alice Toklas
Sto leggendo “I biscotti di Baudelaire”, ovvero il ricettario di Alice Toklas, storica compagna di Gertrude Stein. Viaggiando per il mondo e venendo a contatto con persone a loro volta avventurose, la donna ha annotato nel suo taccuino ricette provenienti dal mondo intero, chiedendole nei ristoranti, agli amici da cui si recavano da quelle che il libro definisce colazioni ma che oggi chiameremmo pranzi generosissimi, e sbizzarrendosi a sua volta in cucina.
Personalmente, l’hommos – crema di ceci – è la salsa che preferisco.
Apprezzo le sue annotazioni circa le abitudini francesi, lo sguardo da straniera sui rituali di quella cucina che analizza minuziosamente fino a stendere quasi una versione culinaria delle “Lettres Persanes” di Montesquieu. Per non parlare poi dei riferimenti alla guerra mondiale, la testimonianza dell’ascesa di Hitler che in un passaggio definisce “un po’ strano”, delle carestie dovute alla guerra. E, infine, gli aneddoti quasi comici delle due innamorate: la Toklas chiama la compagna per nome e cognome, sembra voler porre una distanza ma non la esclude mai dalla quotidianità che racconta. È forse quell’osservarsi a vicenda che porterà invece la Stein a scrivere l’ “Autobiografia di Alice Toklas”.
Ma questa è un’altra storia. La citazione di oggi coincide eccezionalmente con la ricetta: sarà infatti Alice Toklas a rivelarvi la ricetta del Kobbeh.
C’è da dire, però, che io, da italo-libanese quale sono fiera di essere, non concordo pienamente con la ricetta che la Toklas fornisce. Dalle mie parti, infatti, il kebbeh – cambia forse leggermente la pronuncia, ma in parte si tratta soltanto di una diversa traslitterazione dall’arabo – si prepara senza zafferano. Quanto alla carne, si può usare quella di agnello ma anche patate, pesce, zucca (quest’ultima molto usata in Quaresima), pollo, manzo.
La ricetta è simile: si unisce il bulghur alla carne in questione e si inforna il tutto con abbondante olio e, in mezzo, un ricco strato di cipolle, carne macinata e pinoli.
I kebbeh poi si possono fare anche a pallina: a questo punto, diventa più difficile prepararli ma più goloso mangiarli. Come una polpetta con ripieno, una tira l’altra e intingerle nelle salse tipiche dei mezé mediorientali è una vera goduria. Personalmente, l’hommos – crema di ceci – è la salsa che preferisco.
Per chi volesse tentare di preparare il kebbeh secondo una ricetta più autentica di quella proposta dalla rispettabilissima Toklas, ecco qualche link (ci sono numerose varianti in giro, comunque, ma è difficile trovare una ricetta unica anche per chi il kebbeh lo conosce bene)
http://www.foodrepublic.com/2014/03/13/lebanese-kibbeh-lemon-tahini-recipe
http://unalibaneseincucina.altervista.org/kibbeh/
Quanto a me, invece, conoscendo già bene il kebbeh originale, penso che mi delizierò tentando la versione proposta da Alice!
Ps: Come li cucinava bene, mia nonna libanese, i kebbeh. Se ne è andata via pochi mesi fa ed io ho ancora in freezer i kebbeh che mi ha fatto recapitare l’ultima volta che mio padre è andato a trovarla.
Questo articolo è un pensiero profondo per lei!