Il polpo che voleva fotografare
Piccola presentazione del protagonista di questa storia: il polpo. C’è chi lo conosce solo bollito con le patate, chi erroneamente lo chiama ” polipo” ma lui all’anagrafe di nome fa “Octopus vulgaris” , detto anche “il piovra” per gli amici!
Aristotele nei suoi scritti l’ha taggato come stupido perché si avvicinava all’uomo. Da un punto di vista biologico non c’è niente di più falso. Soggetto di studio da sempre, è diventato famoso per la sua spiccata abilita nell’aprire manufatti come vasetti e bottiglie o per la grande capacità di orientarsi in labirinti, sia artificiali che naturali. In pochi sanno però che il cefalopode ha il sangue blu, più per una questione di chimica che di blasone.
Mi capita spesso d’incontrarlo sott’acqua. Di solito se ne sta rintanato tra i massi ed osserva sornione chi o cosa passa gli passa davanti. La sua tana è facilmente riconoscibile, perché il “tentacolone” butta tutti gli scarti d’alimentazione fuori dalla finestra: conchiglie di bivalve, lische di pesce, o altre piccole chicche di cui non conosco il nome.
È dotato di un mimetismo eccezionale. Quando si sente minacciato s’apre a raggiera e sfoggia un caleidoscopio di colori simili alla superficie d’appoggio. Addirittura simula con la forma del corpo l’oggetto su cui si trova appoggiato. In acqua libera è sfuggente e schizza via rapido in una nuvola d’inchiostro nero.
Nelle storie di mare, abbiamo sentito parlare di piovre assassine dalle dimensioni titaniche. Non ho mai avuto il piacere di avere a che fare con una siffatta creatura in termini di dimensioni ma in quanto a temperamento, lasciatemi dire che la piovra acchiappatutto l’ho incontrata eccome!
Era una calda mattina di luglio. Il mare piatto come una tavola. “Motumba” la barca del diving, è ancorata proprio sotto il faro di Portofino. Ivo, mio compagno d’immersione, mi chiede: ” che vuoi fare?” ed io : “solo test”.
tre polpi sono incastrati tra la roccia e il fondo e sembrano sostenere con i tentacoli il peso di tutta la scogliera
Dopo aver rincorso salpe, cernie e saraghi sono stanca. L’immancabile corrente che rende viva l’acqua di punta del faro inizia davvero a darmi fastidio, così mi riparo a ridosso della parete a strapiombo nel punto in cui forma un’ansa protetta da grandi roccioni che costituiscono l’habitat ideale per cernie, polpi e murene. Acerrimi nemici che vivono tutti lì, nello stesso condominio!
Esploro i corridoi formatisi tra i massi. M’infilo in una cavità per sbucare dall’altro lato, e mi trovo davanti a una spaccatura nella parete: tre polpi sono incastrati tra la roccia e il fondo e sembrano sostenere con i tentacoli il peso di tutta la scogliera.
Mi sistemo a pancia in giù e mi appresto a fotografare quello che sembra essere il meno ritroso. Sì, perché gli altri due nel frattempo si sono barricati costruendosi un muro di sassi davanti al muso.
L’acqua è calda, sono senza guanti. Un contatto viscido e qualcosa si attacca alla mano. Sobbalzo dallo spavento, il tentacolo si ritrae. Il polpo alla mia sinistra ha deciso di attirare la mia attenzione, però gioca a fare il prezioso, perché nel frattempo si è richiuso la barricata davanti .
Il contatto a mani nude non mi è piaciuto, resto sul chi va là: mentre continuo a scattare foto al “mansueto” tengo d’occhio quello “intraprendente“.
Il tentacolo curioso continua a cercare un’approccio troppo diretto, e sembra farlo ogni qual volta lo perdo di vista. Lo ignoro e continuo a scattare al vicino.
Una pioggia di sassi si srotola alla mia sinistra, questa volta la prima donna è uscita di casa e si mostra alzandosi ritta sui tentacoli. Bello o bella che fosse è la prima volta che vedo un polpo comportarsi così, ma non mi sembra un fare minaccioso: è come se cercasse di comunicare con me.
Lo spettacolo dura diversi minuti, che sott’acqua paiono ore. Poi tutto finisce com’è iniziato, e lui si accascia sfinito davanti all’obiettivo.
Siamo uno di fronte all’altra, pare specchiarsi nell’oblò della fotocamera. Lo guardo bene è davvero bello grosso. Pare aver percepito il mio pensiero e si rialza come gonfiato con una pompa e parte come un razzo contro l’oblò di cristallo dello scafandro. Ci si attacca con una tale energia che me lo sento strappare dalle mani. Lo trattengo con forza, e penso: ” macchina fotografica nuova , rottura dell’oblò , allagamento, non potrò comprarne un’altra… non l’avrai mai“: è così, puntandomi con le pinne, oppongo resistenza. Lui di tutta risposta cerca di rintanarsi portandosi dietro la macchina fotografica. Oramai è guerra. Provo a staccarlo dal vetro con una mano. Non ci riesco. Il polpo vanitoso si è trasformato in piovra e tira come un dannato. L’unica soluzione è trascinarlo verso di me, ma come?
Sono a 9 metri di profondità: posso risalire come e quando voglio. Idea!
“Io risalirò e tu verrai con me” gli urlo nell’erogatore. Gonfio il giubbotto che mi serve per regolare l’assetto e mi stacco dal fondo. Funziona! Lo strappo letteralmente dal suo ancoraggio e sale con me. Santo cielo è ancora attaccato all’oblò ! Sono determinata, continuo a risalire e stasera avrò polpo con le patate per cena!
Ancora una volta mi legge nel pensiero e si stacca, tornandosene così verso il fondo. Quasi con sdegno non rilascia nemmeno l’inchiostro. Resto li così, incredula e quasi divertita con una gran voglia di polpo in insalata!