Ho perso il colore
Oggi è una giornata grigia, ho il cuore spento e l’anima scura. Dovrei rialzarmi da questa dannata sedia e uscire. Il calore sulla mia mano mi dice che c’è il sole, ma io non lo vedo, ho solo una coltre d’infiniti grigi davanti agli occhi.
Ho perso il colore. No non quello fisico dato dalla riflessione dei raggi solari su di una superficie, ho perso molto di più: i colori della spensieratezza di un artista.
Forse dovevo arrivare a questo punto per dare una svolta alla mia vita. Apprezzare le difficoltà come delle opportunità, così mi è stato detto. Intravedo uno spiraglio fatto d’occasioni, ma non percepisco la gioia dell’emozione verso l’ignoto. Vedo solo in bianco e nero: ho perso il colore.
Ah, ironia della sorte! Per quanto tempo ho cercato questa visione della realtà in fotografia. Non l’ho mai trovata. L’ho cercata ovunque: nelle mille sfumature di bianco dell’onda che si rifrange e nel blu profondo del mare. L’ho cercata nell’alba di un giorno grigio madido di pioggia e nell’abbagliante riverbero del sole sull’acqua. Niente, l’ovvia neutralità del “grigio medio 18%” – così si chiama in fotografia – mi era negata. Forse per distrazione. O forse non era il momento giusto.
Come un viaggiatore stanco mi sono seduta sull’uscio di casa, ho socchiuso gli occhi, in attesa di bilanciare tutto, stanca degli eccessi.
Volevo solo essere me stessa, trasmettere l’unicità della visione senza distrazioni.
Devo quindi ammettere che sì, il colore distrae dall’intento del fotografo: trasmettere l’unicità della visione.
“Ah ironia della sorte!”. Per quanto tempo ho cercato questa visione della realtà in fotografia.
Getto a mare ogni risposta, che sia la mia fotografia a parlare.