Sui confini di Nord Est
Lo stretto di Nord-Est aveva sempre fatto una gran paura alla gente della baia. In pochi riuscivano a spiegarselo, ma non appena la marea spingeva i loro pescherecci nei suoi pressi, talvolta gli occupanti cominciavano a tremare di freddo, qualcuno andava incontro a crisi epilettiche, e chiunque avesse conservato un minimo di ragione aveva un bel daffare per riuscire a recuperare la barca e a riportarla entro i confini delle “aguas calientes”.
Era questo il nome con cui i marinai avevano sempre chiamato la piscina naturale di fronte alla baia: una risacca di acqua marina purissima, creata da due oblunghi e stretti promontori che sputavano ai lati le loro lingue di terra a largo nel mare. Sembravano due passerelle verdi, pronte a sprofondare negli abissi e responsabili di un ampio cancello d’ingresso che dal mare aperto conduceva nei pressi della baia.
I due marinai barcollavano come ubriachi nei pochi metri che la loro piccola imbarcazione offriva loro come riparo dalle onde.
Lo stretto di Nord-Est si trovava proprio lì e nessuno sapeva dove sbucasse. Il mare scompariva deglutito in una stretta gola circondata da due rocce alte e spesse, poste una di fronte all’altra a lasciare solo un minuscolo tunnel verde-azzurro nel mezzo. Le rocce erano squadrate e aguzze sulla punta, e viste da lontano parevano grigi pugnali arrugginiti, storti e irregolari, pieni di macchie bianche di sale lungo i bordi che scendevano ripidi e a strapiombo nel cuore dello stretto. L’acqua che entrava in quel tunnel verde azzurro spariva alla vista di chi passava di lì, e non c’era anima viva nella baia che si fosse avvicinata allo stretto abbastanza per riuscire a vedere dove quel canyon di roccia andasse a finire.
I due marinai barcollavano come ubriachi nei pochi metri che la loro piccola imbarcazione offriva loro come riparo dalle onde. Non mangiavano da almeno un giorno e la fatica, lo stordimento e l’acqua di mare cominciavano a tirargli e sciupargli la pelle, che però ormai non sentiva più niente, tanto si era indurita nei mesi passati sottocoperta sui ponti mercantili e i traghetti passeggeri.
Erano ormai vicini e lo stretto di Nord-Est luccicava davanti a loro, baciato da una brezza freddolina che penetrava nelle loro ossa facendole gracchiare.
La piccola barchetta già aveva le vele spiegate e tirate al massimo, e i due occupanti dovevano riuscire a sfuggire al controllo privo di timoniere di quella brezza ghiacciata se volevano imboccare il tunnel senza fondo che, con un sorriso minaccioso, sembrava come invitarli nella sua direzione.
Uno dei due marinai deglutì sonoramente, mentre con una mano si aggrappava stretto alle corde della randa da cui si staccavano brandelli secchi di pelle arroventata dall’attrito delle dita sul cordame.
Mantieni la rotta così. A breve la corrente dovrebbe spingerci di forza propria. Il marinaio che stava a prua si volse indietro verso il compagno dalle mani scorticate. E’ una bella fortuna, magari riuscirò a salvare qualche pezzo di pelle.
Ma fammi il piacere, Thompson. La tua pelle è più dura del granito del municipio su in paese. Dovresti invece preoccuparti di che cosa ci attende al di là di quelle rocce. L’uomo in prua sghignazzò spavaldo, come se tutta l’operazione lo divertisse. D’altra parte lui era lì solo come accompagnatore, scelto e selezionato per le sue ottime conoscenze di vela e per il fatto che sapeva meglio di chiunque altro come sfuggire all’abbraccio azzurro e senza perdono delle grandi correnti marine. Aveva passato tutta la vita in quell’ambiente ostile, e ora niente rappresentava un traguardo inaccessibile, o un ostacolo insormontabile. Esisteva solo la ferrea volontà del successo, e l’estenuante battaglia contro ogni forza naturale che si fosse messa nel mezzo.
L’uomo notò una superficie indistinta sul pelo fragile dell’acqua, che pareva muoversi in maniera intelligente ed ordinata, quasi una danza armonica tra la spuma frizzante e le onde levigate
Che diavolo è quello, Sherman? Thompson raggiunse il compagno a prua. Sherman non fece in tempo a rispondere che un animale delle dimensioni di una balena bianca si levò al di sopra del livello dell’acqua, dando loro modo di ammirarlo in tutta il suo reale e minaccioso coordinamento biologico. Malgrado le dimensioni non si comportava come una balena né, a guardarlo bene, ne aveva la forma o le caratteristiche fisiche. Non appena i due uomini si fecero aiutare dal binocolo di Sherman fu chiaro il mistero. L’animale altro non era che un delfino. Si muoveva come tale, nuotava componendo virtuose capriole in aria per poi ricadere sul sottostante tappeto d’acqua.
Una bestia così non deve essere mai stata catalogata, disse Sherman con gli occhi lucidi per l’emozione. Lo voglio ben credere, penso che nessuno abbia mai osservato un delfino di quella grandezza, Sherman – Thompson era ancora occupato ad osservare la bestia attraverso l’occhio del binocolo. Peccato che siamo qui per un altro motivo, altrimenti una bella bistecca di delfino gigante sarebbe stata l’ideale, Sherman sghignazzò di nuovo, e a Thompson quelle sue risate cominciavano a dare veramente sui nervi. Nonostante Sherman fosse un lupo di mare addestrato e veterano, Thompson non riusciva a spiegarsi quel suo totale disprezzo per gli animali e la flora che abitavano il suo ambiente lavorativo preferito. Non era mai stato un cacciatore, ma di certo era nota la sua ammirazione per i balenieri e per chiunque altro riportasse dal mare trofei da gustare in cucina, o da ammirare appesi nella stanza delle vittorie.
La piccola imbarcazione era ormai a ridosso delle due rocce, e la corrente si era fatta più insidiosa, tanto che non era più possibile alzarsi in piedi. Thompson e Sherman erano costretti a rimanere seduti e Sherman si teneva al timone quasi graffiandolo, come se l’appiglio delle unghie costituisse l’ultima àncora prima di essere sbalzati fuori. Il sole ed il fischio del delfino-balena erano ormai lontani, mentre la piccola imbarcazione già aveva superato l’ingresso naturale delle due rocce appuntite, e aveva imboccato spedita il lungo tunnel verde-azzurro.
Finalmente sapremo cosa c’è di vero nelle storie che raccontano su questi luoghi. Sherman timonava con disinvoltura, ma Thompson vedeva chiaramente che i suoi sforzi per mantenere il controllo si erano quintuplicati. La corrente è davvero una bella seccatura – Thompson pensò di rincuorarlo con quella frase banale che quasi suonava stupida e fuori luogo. E’ davvero un’impresa mantenere dritta questa bagnarola, la prossima volta dovresti procurarti un’imbarcazione più adeguata. Guarda lì, basta un attimo di distrazione e sbam, dritto contro quelle pareti grigie. Thompson si augurò con tutto il cuore di non dover ripetere quell’esperienza una seconda volta. Pensò che Abbie non sarebbe stata tanto incosciente da trascinarlo lì ancora e ancora, ma chi può dirlo? Dopotutto Thomspon non poteva sapere che cosa era preso ad Abbie, per trascinarsi così lontano dai suoi soliti itinerari.
“Vedo che c’è un pò di luce là in fondo, forse stiamo raggiungendo l’altro lato del tunnel”, Sherman sudava per l’eccitazione. Se i suoi calcoli erano esatti lui e Thompson erano i primi esseri umani a scoprire dove quel corridoio naturale tanto decantato nella baia andasse realmente a morire.
Prega che Abbie sia in fondo a questo tunnel altrimenti sarà stato solo un viaggio a vuoto, e dovrai pagarmi lo stesso. Sherman era uno che ci teneva a mettere le cose in chiaro sempre e comunque. Non gli piaceva lasciare conti in sospeso o nascondere la sua mano così vigliaccamente. Lui preferiva il confronto diretto e alla pari, con tutte le ammissioni di colpa del caso. Si è andata a cacciare proprio in un bel posticino. Sherman si era tranquillizzato ora che i suoi occhi si erano abituati all’oscurità bagnata dell’ambiente e che la corrente aveva cominciato a sorreggerli e a mantenerli in direzione dritta. Non bastava che leggere le correzioni di rotta sul timone affaticato per puntare dritti verso la fine di quella gola marina arrotolata su se stessa.
Abbie non si allontana mai di solito. Chissà che avrà visto di così importante mentre era a mollo sul bagnasciuga. Thompson non tradì una nota gonfia di incertezza nella sua voce, ma poi Sherman fu molto abile nel sdrammatizzarla e a riportarla su di una dimensione vocale più equilibrata. Vedrai che si sarà spaventata per qualche granchio o paguro dalle dimensioni fuori dal normale. Del resto se al largo nuotano delfini grandi come un transatlantico, anche a riva qualche traccia di questo gigantismo dovrà pure arrivare.
La discesa nella cavità del tunnel verde azzurro aveva un che di surreale
Vedo che c’è un pò di luce là in fondo, forse stiamo raggiungendo l’altro lato del tunnel – Sherman sudava per l’eccitazione. Se i suoi calcoli erano esatti lui e Thompson erano i primi esseri umani a scoprire dove quel corridoio naturale tanto decantato nella baia andasse realmente a morire.
Preghiamo che Abbie sia già lì, tutta contenta e pronta a farsi riportare a casa. Thompson non aveva pensieri che per Abbie. E se le fosse accaduto qualcosa? Non voleva neanche prendere in considerazione quell’eventualità. La sua Abbie sarebbe stata alla fine del tunnel, malgrado lo spavento e la fatica di quella missione a cui lo aveva costretto, sarebbero ritornati alla baia incolumi, e con due o tre leggende di mare in più da raccontare agli avventori della taverna del porto, magari davanti a due o tre bicchieri di birra schiumosa.
Il buio verdastro del tunnel si squarciava piano piano, per poi defluire in una grande risacca dai toni dorati ed accesi. Era come un grande lago naturale, chiuso su tutti i lati da pareti di roccia viva ma privo di un soffitto simile, al cui posto si stendeva il cielo esterno illuminato da un sole potente, che baciava irradiando di splendore l’intero sistema naturale protetto dal tunnel.
Proprio sul lato più vicino alla barca i due marinai notarono una spiaggia di sassi bianchi e luccicanti di blu, come un isolotto di balenottere azzurre a riposo dopo le lunghe traversate oceaniche.
Ho visto Abbie, Sherman, vira verso la fine della spiaggia, proprio lì a fianco di quegli scogli. La vedi anche tu?
Thompson si era alzato in piedi dalla felicità, ed era come se saltasse di gioia nel centro della loro precaria imbarcazione.
Calmati Thompson o finirai per farci ribaltare. L’ho vista anche io e vedrai che nel giro di un paio di minuti potrai riabbracciarla – Sherman si rivolse a Thompson con gli occhi ancora puntati sull’obiettivo finale che si avvicinava ed ingrandiva come un batterio al microscopio.
Il buio verdastro del tunnel si squarciava piano piano, per poi defluire in una grande risacca dai toni dorati ed accesi.
Stai calma Abbie, non avere paura. Vengo a prenderti io. Thompson urlò ad Abbie quelle poche parole, come per confortarla e dirle che quella brutta vicenda era finita. Abbie cominciò a guaire ancora più forte. Avvicinati un po’ di più, Sherman. Non voglio farla saltare troppo per raggiungerci. Thompson guardava Sherman con gli occhi di un bambino, cosa che il burbero marinaio di certo non apprezzava né approvava.
Sherman eseguì senza ribattere, ma si fermò improvvisamente a metà della manovra. Thompson chiese che cosa fosse successo senza che Sherman potesse più rispondergli. Gli andò vicino e si accorse che il viso di Sherman si era completamente spento, come se l’anima gli fosse stata risucchiata con prepotenza dai bulbi oculari, che ora apparivano bianchi ed inespressivi, pari agli occhi veggenti di un cantore cieco. Thompson prese il timone dalle mani di Sherman e completò la manovra. Quando la barca puntò di nuovo in direzione di Abbie anche Thompson capì quello che era successo a Sherman.
Sulla spiaggia davanti a loro Abbie prese ad abbaiare più forte, ma Thompson non aveva più un solo filo di voce per avvertirla. Abbie continuò ad abbaiare, gemendo e schizzando acqua sulla barca immobile davanti alla spiaggia, anche se non avrebbe continuato a lungo. Un’ ombra alta, squamata in verde azzurro, le si avvicinava da dietro, lasciando agli occhi assenti e testimoni di Thompson il piacere di godere di quell’ultimo e singolare spettacolo.