Dalla canzone all’opera lirica con Gabriella Colecchia
Sabato 31 gennaio, al Tunnel Borbonico, è andato in scena”Dalla canzone all’opera lirica“, secondo appuntamento della rassegna musicale curata da Simonetta Tancredi, che si concluderà sabato 7 febbraio con il “Quartetto d’archi del teatro San Carlo” impegnato nel concerto “Dal lied al quartetto”.
Sempre suggestiva la location, il palco stavolta è stato tutto al femminile, con la stessa Simonetta Tancredi al pianoforte, sempre elegante e sorprendente, e la splendida voce del mezzosoprano Gabriella Colecchia.
Luce rossa che colora la parete di fondo fino alla volta, irradiata da una quinta in mattoni, testimonianza di un antico tramezzo del periodo bellico. Tutto racconta di anni preziosi, tutto si fonde per fare della serata una momento speciale. Rosso il vestito della Colecchia, rosse le sue scarpe, a raccontare la passione con cui, di lì a poco, ci avrebbe deliziato l’udito.
Cattura il pubblico con un carisma ed una comunicatività che vanno ben oltre le sue indiscusse doti di cantante. Gioca con le parole, introduce in maniera spiritosa le arie che va ad eseguire. La sua gestualità è sorprendente, allegra, vivace
Seduto sulla mia poltroncina, armato di tablet per prendere appunti, ho dovuto immediatamente capitolare a ciò che stava accadendo davanti a me. Ho ben presto compreso che non avrei ascoltato un concerto passivamente, come spesso accade. Il carisma di Gabriella Colecchia non prevede mezze misure: o ti ci arrendi oppure ti alzi e vai via. Sarebbe come sprecare il proprio tempo non seguirla in ogni minimo dettaglio. Cattura il pubblico con un carisma ed una comunicatività che vanno ben oltre le sue indiscusse doti di cantante. Gioca con le parole, introduce in maniera spiritosa le arie che va ad eseguire. La sua gestualità è sorprendente, allegra, vivace. Ti scuote dal solito ruolo di ascoltatore tipico per diventare pubblico partecipante. Ne ho seguito il movimento delle labbra, delle mani, del corpo. Ogni gesto si appoggiava in maniera naturale a ciascuna nota, come a sottolinearne la forza narrativa. Ci ha accompagnati in un viaggio musicale attraverso l’Europa: Germania, Francia, Spagna, Italia, sempre con il sorriso, sempre con maestria, cantando in lingue diverse come se ognuna fosse la sua lingua madre. Ha reso “pop“, nell’accezione più elevata del termine, un genere che ingiustamente, spesso, sa troppo di nicchia, senza togliere neppure un grammo all’aurea che l’immaginario collettivo si aspetta da un interprete lirico. Ha regalato gioia a pieni polmoni e Dio solo sa di quanto ce ne sia bisogno in questo momento storico. Raffinata eppure non distante. Capelli tirati in una coda alta, scuri, mediterranei, le accarezzavano la schiena ad ogni movimento della testa. Una ciocca ribelle si affacciava sulla scapola disegnandole una virgola scura sulla pelle chiara.
Dall’Operetta all’Opera, lo spettacolo è stato piacevole in ogni momento. Leggera in “Me voglio fa’ ‘na casa” di Donizetti, severa in “Stride la vampa” tratta da Il Trovatore di Verdi, sanguigna nei brani spagnoli. Meraviglioso l’accenno di passi di flamenco durante l’esecuzione di “Chanson Bohème” dalla Carmen di Bizet. Godibilissima coniugazione di musica e recitazione corporea. Sicuramente un’artista da seguire. Grazie di tutto alle due signore della serata.