L’amore in mezzo alla guerra
Ho seguito ogni mio viaggio con la distrazione del gabbiano che gironzola sulla spiaggia. Forse per questo non posso dimenticare alcuno di quei momenti, come quella volta che Julia ed io eravamo più o meno in mezzo alla terza guerra mondiale. Base navale di Murmansk; Russia bianca. Da li sarebbero dovuti partire tutti i missili nucleari che avrebbero potuto annientare l’Europa. Non ne è mai partito uno, verso l’Europa, per fortuna, e quindi non è mai scoppiata quella guerra.
E così immobile, quell’immagine rimase per tutto l’inverno passato nel posto più settentrionale che l’uomo abbia abitato
Era dicembre, un dicembre che il termometro fermava a meno 22 gradi. Talmente freddo che nemmeno ce ne accorgevamo. Non la senti la temperatura, quando il cuore corre più forte della luce. Ed era così, tra di noi. E così immobile, quell’immagine rimase per tutto l’inverno passato nel posto più settentrionale che l’uomo abbia abitato, in mezzo alla gente che mescola la sua indifferenza con le nuvole talmente basse da accarezzarti la pelle.
In mezzo a quella città c’eravamo io e lei; la mattina alzarsi e trovarmela accanto, figlia di una collaboratrice di quel Jacques-Yves Cousteau che da bambino mi aveva fatto navigare più di Jules Verne. Quei cinquecento metri che ci separavano dalla specie di Università che mi aveva offerto un contratto di collaborazione proprio nel periodo più freddo dell’anno, noi due, mano nella mano, che si correva come cretini fino al portone d’ingresso, trattenendo il fiato che poi andava a sciogliersi in un bacio, prima di entrare. Salutavamo il custode che scrollava la testa china su di una rivista di guerra ingiallita. Ce l’avevano nel sangue la guerra, quelle persone, con quel via e vai continuo di militari e testate nucleari lunghe quanto la luna storta di Julia se la chiamavo per cognome.
la pelle liscia e bianca, come le montagne che circondavano il porto immerso nel ghiaccio
Abbiamo festeggiato Natale due volte, quello cristiano e quello ortodosso, facendo l’amore nel mezzo, all’ultimo dell’anno, con i vetri delle finestre appannate dal respiro del suo lamento. E ci si addormentava presto, a Murmansk, quel piccolo paese della Russia, dove Julia e io ci siamo conosciuti, amati e poi salutati.