L’incanto (ovvero la cimice che fa le uova)
Era proprio lì. Regale ed annoiata, come se fosse una regina di chissà quale regno e provenienza. Le zampette sprofondavano tra le setole, sembrava dormisse ed invece era attenta ad ogni più piccolo movimento di Federica, che la osservava impaurita dalla porta del bagno. Aveva paura di quei piccoli mostri che sono le cimici… e quella maledetta aveva osato appropriarsi del suo spazzolino appoggiato sull’armadietto! Lei comunque rimaneva rigida sull’uscio e aspettava. Aspettava che zzzzzz, d’improvviso, la bestia verde volasse via, verso la luce della lampada.
Così fece dopo qualche lunga manciata di secondi. Federica corse via, dalla sua mamma. Non le disse il perché di quella corsa ed andò a scuola senza lavarsi i denti. Per un giorno passato senza lavarli – pensò – nemmeno il più attento dei dentisti (aveva paura anche di quelli!) se ne sarebbe accorto.
La sera, prima di andare a dormire, entrò nel bagno. Era stata una giornata simpatica, tutto sommato. Le attenzioni che le aveva riservato il suo compagno di banco, Alex. Il bel voto preso in grammatica e quella stronza della sua “amica” travirgolette di Jenny che invece s’era beccata l’insufficienza. Tiè. Poi il suo allenatore di pallavolo che le aveva fatto un complimento sulla schiacciata. Beh, s’era dimenticata, come comprenderete, della cimice brutta e zozza che la mattina si era posata sullo spazzolino. Si lavò i denti, li mostrò allo specchio con lo stesso sorriso che aveva riservato ad Alex. Federica corse via, dalla sua mamma. Non le disse il perché di quella corsa ed andò a scuola senza lavarsi i denti.
Poi andò a letto. Lì la catastrofe. Si ricordò della cimice.
Le cimici fanno le uova? Le cimici fanno le uova! Quando si era lavata i denti di sicuro le aveva ingerite!
Per tutta la notte (o quasi. Le ore di insonnia sembrano eterne) vedeva le piccole cimici crescere dentro i gusci e dentro la sua bocca, scendere verso la pancia e starci ad abitare dentro, zzzzzz, non una zeta in più, non una in meno, ad intermittenzzzzza infinita, finché non se ne sarebbero nate ed uscite dalla sua bocca.
Si ricordò per tutta la vita, di questa cazzata delle cimici. Sorrideva. Ogni tanto questa storia le veniva in mente, quasi a caso. Una volta le venne in mente di fronte ad un amico che l’aveva invitata a cena e la annoiava. Una volta mentre faceva un colloquio di lavoro.
E ora che stava bevendo quel suo bicchiere di vino e di nascosto, sorrideva. Stava pensando alla cimice e a quel che aveva immaginato: alle piccole cimici crescere e farsi una vita dentro il suo stomaco buio. Sorseggiava il suo vino e sospirava. Si ricordò di sua nonna che, mentre se ne stava a guardare distesa sul divano la televisione, le solleticava i piedi. Il solletico era una scossa che dai piedi le arrivava fino a sotto i gomiti e poi giù ancora fino alle punte delle dita. Una volta s’era immaginata di fare il solletico ad un albero così forte da far uscire la scossa dalle foglie e farla arrivare al cielo, e chissà che questa scossa non raggiungesse sua nonna, che non si fermasse alle punte.
Sentì il solletico arrivare alle mani, quelle mani che si trasformavano nei becchi di Miss Struzzo e di Mister Struzzo quando si sentiva sola ed aveva bisogno di diverse opinioni, seppur complici, su tutto ciò che il mondo le presentava davanti. Sorrideva. Sorrideva ricordando di nuovo quella notte insonne, sapendo che dell’insonnia aveva capito come fotterla, non pensando all’impossibilità di dormire se il sonno non ti vuole, ma pensando a tutte quelle cose confuse tra sogni e realtà, pensando alle trasformazioni, all’incanto.
Che poi non tutte le cimici sono femmine. Ma, soprattutto, non depongono uova. O forse sì? Federica non l’avrebbe mai scoperto. Finì quel suo vino e s’adagiò sotto le coperte.