Il tempo di vivere
Accade spesso, troppo spesso, che la destinazione a breve termine della nostra vita non sia quella che abbiamo scelto o programmato. E accade altrettanto spesso che noi si procrastini la “volontà” surclassandola al “dovere”, puntando sul tempo che abbiamo a disposizione e che evidentemente crediamo essere infinito, tanto da rimandare tutto, sempre e in continuazione, secondo il nostro modo superficiale di percepirlo. Nella mia Macondo in costruzione tu ci sei già. Credo tu ci sia da molto prima di conoscerti.
Di fatto cos’è la vita se non il tempo che abbiamo a disposizione per viverla?
Potrebbe sembrare un lungo preambolo di giustificazione il mio, perché non potrò raggiungerti. Non lo è.
Richard Bach col suo “Nessun luogo è lontano” mi corre sovente in aiuto: Può forse una distanza materiale separarci davvero dagli amici? Se desideri essere accanto a qualcuno che ami, non ci sei forse già?
Io lo credo! Il mio corpo, teca del mio essere, è la mia traduzione più terrena, ma io non sono solo il mio corpo, sono anche, e prevalentemente, ciò che è in esso contenuto: sono la mia anima, sono i miei desideri, sono la mia mente, che mai bisogna erroneamente far coincidere con il cervello.
Che bello! Mi perdo in tutto e nel suo esatto contrario, senza nessuna certezza ma con molte possibilità logiche, o illogiche, che espandono lo spazio esistente nel segmento compreso tra i due opposti, infinità di sfumature che mi tengono in equilibrio sopra l’instabilità di non sapere mai quale sia la cosa giusta o il pensiero più conforme alla verità. Ma meglio l’incertezza tra più cose che la scioperata solidità di una limitante certezza che ti frena l’indagine.
Nella mia Macondo in costruzione tu ci sei già. Credo tu ci sia da molto prima di conoscerti. Da quando i nostri spiriti raminghi “si” scelsero e poi “ci” scelsero come loro tempio.
Sei lo specchio che mi rimanda la mia immagine più bella, quella che si incastra con i miei esigui punti fermi “…quella più simile ad un angelo che ad un riflesso”, dice il più bel calligramma di Apollinaire.
Ho come la sensazione che ti vedrò poco in questa mia vita. Ma ho la certezza che non sarà un deterrente per riuscire a viverti lì in fondo, dove volontà e consapevolezza si formano.
Sono una donna molto fisica a suffragio della mia solarità, espansività e accoglienza.
Ma in sostanza sono una donna “di testa”. Questo mi salva da ciò che la vita non può darmi. Ciò che lei non ha, io ce l’ho. Qui dentro. Io vivo un’infinità di moti, io, recitando, vivo financo sentimenti e pensieri degli altri, sospendendo i miei che ad un certo punto bussano e chiedono dazio. Ma non mi sottraggo.
Ho vissuto e incamerato molteplici personalità. Ho elaborato azioni e pensieri. Nella mia indagine intellettuale io vivo. Che non vuol dire vivere nella mia testa ma con la mia testa.
Diceva Einstein che per diventare un genio basta pensare cinque minuti al giorno in modo diverso rispetto agli altri. Ecco io voglio pensare tutta la giornata diversamente dagli altri. Ma non perché gli altri non mi piacciano, anzi… È proprio perché mi piacciono davvero tanto che voglio indagarli da altre prospettive. Io amo l’essere umano, ricordi? Le sue potenzialità inespresse… E solo se penso diversamente da lui potrò raggiungerlo dalla porta di servizio, quella che non ha sentinelle, quella che mi aspetta distrattamente aperta perch’io la oltrepassi e me ne contamini.
E contaminarsi è condivisione. Condividere è amare. E amare chissà… forse sei tu.