Terezín, l’Arte e l’Olocausto
Una storia diversa dalle altre, una storia che non ci si aspetta.
Terezín, Artisti tra le ceneri, in scena al teatro Vittoria di Roma il 26 e 27 gennaio 2015, racconta la storia, realmente accaduta, di un campo di concentramento diverso dagli altri.
Il campo di concentramento di Terezín, alle porte di Praga, era un campo di concentramento per le grandi menti ebree.
La mente malata del governo nazista elaborò questo escamotage per disfarsi di artisti, letterati e scienziati ebrei di fama internazionale, che non potevano essere deportati con facilità.
“Che fine avrà fatto quel grande compositore?” si sarebbe chiesto il pubblico internazionale. “E quel grande regista?”
Per rispondere a questa domanda l’orrore nazista decise di creare una messa in scena.
Ingaggiò un regista del campo di concentramento, Kurt Gerron, per fare un film di falsa propaganda nazista, Hitler dona una città agli ebrei.
Le riprese dovevano mostrare, falsamente, l’agio e la felicità nel quale vivevano i deportati.
Ma no: quel campo di concentramento speciale, quel campo di concentramento per artisti, era uno come gli altri. Violenza, lavori forzati, denutrizione, scarsa igiene.
Terezín era semplicemente un palcoscenico provvisorio prima di essere trasferiti ad Auschwitz.
In un primo periodo, specialmente a causa delle riprese, l’attività artistica venne addirittura incoraggiata a Terezín.
Il 16 ottobre 1944 però, appena finite le riprese, diciottomila dei ventimila attori ebrei della crudele finzione rappresentata vennero deportati ad Auschwitz, per morirvi nelle camere a gas il giorno seguente.
Il 17 ottobre 2014, a settant’anni dalla tragedia, le molteplici opere composte dagli artisti diventano patrimonio comune, fondando la base dello spettacolo Terezín, Artisti tra le ceneri.
Le condizioni disumane del campo di concentramento non intimidirono infatti la forza creatrice degli artisti di Terezín, perché non sempre la resistenza passa attraverso le armi, a volte passa attraverso l’Arte.
Alcune delle numerose opere create dagli artisti durante la permanenza a Terezín vengono ricordate e messe in scena nello spettacolo.
L’intera rappresentazione al teatro Vittoria è stata organizzata dagli allievi di tutti i corsi di Lazio InScena – Casa dello spettacolo.
Attori, drammaturghi, registi, scenografi, organizzatori, tecnici e attrezzisti hanno creato uno spettacolo di rara ricchezza, con lo stesso spirito prolifico e artistico di quegli artisti settant’anni fa.
In scena due soldati delle SS e tredici deportati, di cui cinque interpretati dagli allievi del Conservatorio di Musica Santa Cecilia, che hanno offerto al pubblico un’impagabile interpretazione di brani musicali.
Lo spettacolo comincia e gli artisti con le due guardie SS si muovono sul palcoscenico, camminando come formiche operose che non trovano pace. Si presentano, raccontano la storia di questo campo di concentramento, una storia che lascia sgomento il pubblico. Sono artisti, geni in grado di comporre opere autentiche di ogni tipo.
Si dividono e lasciano l’azione ai dialoghi, che nel corso dello spettacolo dispiegheranno le paure, le illusioni, ma anche la tremenda forza che nasce dall’impulso artistico.
A Terezín si arriva, a Terezín si vive, da Terezín si parte.
Chi arriva, ancora fresco di quel mondo libero che sta lì fuori, spazialmente vicino, ma di fatto così lontano, deve essere consolato da chi già sta lì. Da chi in un modo o nell’altro è riuscito a trovare la forza di tenere alta la speranza, attraverso la produzione artistica e il contatto empatico con gli altri deportati.
A Terezín riesce ad arrivare anche l’amore, si fa strada tra le ceneri, sfida il pericolo perché si sa, l’amore riesce a trovare un modo per farsi strada ovunque e in qualsiasi condizione: tra la miseria del campo di concentramento arriva nella forma di una donna, Vera, la fidanzata di uno dei deportati.
Quando l’arte cresce, inizia anche la crisi.
Kurt Gerron, il regista incaricato delle riprese per il film di falsa propaganda nazista, rappresenta il dilemma che nasce dagli eterni ricatti che troviamo negli ambienti più crudeli.
Lapidaria la guardia SS: “ O le riprese, o il prossimo treno per Auschwitz.”
Cosa fare di fronte a un aut aut del genere?
Credere nella speranza di un intervento degli alleati durante il periodo delle riprese, o rifiutarsi di commettere un tale paradosso, una tale falsità, una tale messa in scena crudele? Cosa è più crudele del fingere di vivere in un paradiso artistico, mentre in realtà si è in un campo di concentramento, in procinto di morire?
La speranza vince sempre? O forse vince l’impulso artistico, o quello di protezione verso la propria moglie: Kurt Gerron accetta l’incarico e così Terezín, con un perfetto cambio di scenografia, si trasforma in un pannello pubblicitario nazista, con insegne finte di ospedali, scuole e biblioteche inesistenti.
I giovani artisti di Lazio InScena con Terezín, Artisti tra le ceneri, hanno creato uno spettacolo nuovo, hanno raccontato una storia diversa, ma non per questo fittizia. Hanno messo in piedi uno spettacolo che non solo trasmette speranza, impulso creativo, forza, ma riesce a mettere in discussione la scala di valori umana. La dignità. La dignità umana o degli ideali? Tradire o rimanere fedeli? Cedere a compromessi o resistere?