Sapere a Memoria
Ho scritto questo pezzo prima di sapere dei molti curdi morti oggi, 26 gennaio 2015, per liberare la città di Kobane dall’Isis. Vada anche e soprattutto a loro, la memoria.
L’arma della parola giudicante, che crea il pre-giudizio
L’arma della parola giudicante, che crea il pre-giudizio, e nasconde lo sfruttamento e i meccanismi economici da sempre motori dell’uomo e dei crimini della storia.
Le nostre identità nazionali sono macchiate di molto sangue, tutte. Sangue di coloro che la storia l’hanno solo sfiorata, senza viverla.
Siamo davvero pronti a girarci verso il passato non per ampliare la portata di quella memoria, ma per toglierle peso?
I morti non sono meno morti se i loro successori continuano ad ammazzare.
Tutti coloro che pagano una diversità non sono meno discriminati perché si sono aggiunti altri gruppi ad allargarne il numero.
Se i nostri figli scontano qualsiasi deviazione da una presunta norma già dai banchi di scuola, è proprio perché abbiamo ridotto quella memoria alla stregua di un tormentone scomodo, quasi inutile.
Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi, che fai
silenziosa luna?
Sapere a Memoria, vuol dire portare dentro.
E’ come la poesia dei nostri più grandi poeti. Non ci resta forse dentro come una consapevolezza, un’eredità? Possiamo per questo svilirla? Per esempio, io porto dentro me l’incipit di questo bellissimo canto del Leopardi:
Canto Notturno di un pastore errante dell’Asia…..
Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi, che fai
silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
Di riandare i sempiterni calli?
In qualsiasi momento posso ripescarlo dalla mia memoria, come un dna del mio sapere. Ma di recente ho scoperto che non è solo un’immagine figurata. Io ho il sangue di gruppo B.
Questo gruppo sanguigno, più raro rispetto ad altri, è entrato a far parte stabile della nostra genetica proprio grazie ai popoli nomadi e pastori dell’Asia Minore che si sono mescolati a quelli mediterranei già all’alba della storia.
Così quelle genie, molte delle quali oggi ancora annoveriamo tra i nomadi e i perseguitati della nostra epoca che non ha imparato la pace e la tolleranza; quei popoli decimati dagli eccidi di massa e dalle migrazioni di gruppo, popoli che ancora oggi lottano per la dignità e contro l’umiliazione della propria radice etnica, sono i nostri stessi avi. Siamo noi.
La nostra storia ha una memoria che per nessun motivo deve smettere di gridare dentro di noi, nei nostri geni.
Lasciamole la voce:
Il Pastore, Canto curdo eseguito dal soprano Pervin Chakar