E’ solo un cioccolatino
Niente di più. Un cioccolatino non ti impegna per la vita. Puoi goderlo sul momento, puoi sentirti in colpa dopo o puoi decidere di prenderne un secondo. Ma poi è finita. Dopo una decina di minuti l’avrai dimenticato. Meno male che esiste anche la leggerezza di un cioccolatino.
Perché, pensateci un po’, già un caffè può essere più complicato. E non solo perché implica qualche mossa tecnica per farlo. E aspettare che si freddi leggermente per non ustionarsi la lingua. Scegliere se prenderlo con o senza zucchero, macchiato o liscio o corretto. Parlo proprio del bersi un caffè. Di quella volta che avete accettato l’invito alle macchinette in ufficio e poi avete scoperto che l’azienda era in crisi e che tra i futuri esuberi rischiavate di esserci anche voi. O quella volta che un tizio vi ha tamponate, poi per scusarsi vi ha offerto un caffè. Ora quel tizio è vostro marito. E magari nemmeno ve li ha mai regalati i cioccolatini.
Un cioccolatino mette allegria già dalla parola, con quelle c e la l, diventa onomatopea del linguaggio bambinesco fatto di ciccì e lallà. Ma il suo punto forte è il caso. In genere non si preventiva di mangiare un cioccolatino. A dire il vero io da piccola lo facevo. Mia zia era promoter della Otello nei supermercati. E aveva la casa piena di quei cioccolatini. Quindi sapevo benissimo che, andandola a trovare, ne avrei fatto man bassa. Per l’esattezza: uno davanti alla mamma, gli altri, il più possibile, ammucchiati nelle tasche, da mangiare durante i viaggi in auto serali per tornare a casa, quando la stanchezza della domenica sera, il buio e la convinzione che mia sorella e io dormissimo, non facevano sospettare ai miei genitori il livello di zuccheri che stavano entrando nel mio sangue a ritmo di tip tap.
Non per essere celebrativa, ma il cioccolatino ha anche un’altra dote. Di solito è un dono. Anche in questo caso potrei smentirmi, visto che io negli ultimi tempi mi autoregalo cioccolatini. Ma poi li mangia anche il resto della famiglia. Quindi sempre di regalo si tratta. Di offerta, più che altro. Che sei libero di accettare o meno. Senza gaffes. Basta dire Grazie, volentieri, lo tengo per dopo se non lo si vuole o se è fondente. Lo si mette in borsa e lo si offre a qualcuno che certamente lo gradirà.
Non bisogna essere troppo educati, però. Io ho disimparato. Da piccina mia madre mi obbligava a prendere subito la prima caramella, la prima pasta, il primo cioccolatino da un cabaret offerto. E ovviamente, non potendo scrutare il ben di Dio, sono stata vittima di scelte masochiste. Il peggio che riesco a ricordare è un fondente ripieno al liquore, con la ciliegina all’interno nemmeno denocciolata. Avevo cinque anni. A mia sorella era capitato il bruchetto alla banana. Lei odia quel frutto.
Al di là di tutto, un cioccolatino vale l’essenza del carpe diem. Cogli l’attimo, goditelo e non fartelo rovinare. Poi non pensarci più, ne arriveranno altri.