Se incontrassi Vasco

Ma ciao Vasco, finalmente! Era una vita che volevo abbracciarti. Sì, sono una mamma, grandicella, uhm…  sì è vero ho studiato anche dalle suore per tredici anni. Ehm, no droga mai, però una volta mi sono ubriacata terribilmente sai? Ho vomitato una quindicina di rum e pera, in una piazzola di servizio in autostrada. Le mie amiche mi avevano conciato per le feste… era il mio addio al nubilato. Beh sì, sono quella che si può definire una brava ragazza. Cosa? Ah sì alle medie mi piaceva Masini. Mi perdoni vero? Era l’influenza delle monache, sono sicura. Poi sono cambiata. Scuola pubblica, liceo classico, parolacce scritte sui muri con le bombolette spray. Però sai, credo che tu sia stato sempre dentro di me. Non ho dovuto fare un periodo di rodaggio per capire se tu mi piacessi o meno, mi sono fermata semplicemente nella ricerca di un qualcosa che mi completasse davvero. Come dici? Bello vero?! Eh lo so, un tatuaggio è per sempre…questo con una tua frase l’ho fatto quando ho avuto il mio primo figlio.

Non lo dire a nessuno, il giorno del suo primo compleanno io ero allo stadio a vederti. Dai tu mi puoi capire. A quell’età mica sanno distinguere il giorno del compleanno. Perché mi piaci? Perché sei un solitario. Perché sei buffo. E’ buffo il tuo rapporto con il web e con i tuoi sessant’anni. Dai lo sanno tutti che hai sessant’anni. Potresti essere mio padre. Mi piacciono i tuoi vecchi video, li guarderei per ore. Certo, detto tra me e te, tu non sei quello che eri. Ma d’altronde chi è che resta uguale? E poi sai a me non importa. Anche se tu dovessi finire le parole, le melodie, e scrivessi una canzone sono con “me”, “te”, “ehhh”, “nananana” ti amerei lo stesso, perché tu sei quello di Anima fragile e a me questo basta per esser fiera di te.  Mi piacciono i tuoi occhi e i tuoi stivali da cowboy. Mi piace che sei un vecchietto ma ti credi un figo pazzesco. Sì sì lo sei, per carità, non mi dire che sei permaloso.  Quanto hai sofferto per la morte di tuo padre? Deve essere stato un colpo incredibile. Sicuro ci pensi, lo so, non ti ha mai visto, come me, saltare da un amplificatore all’altro. Faceva il camionista, ora di sicuro gli avresti regalato una Testa Rossa, per ringraziarlo dei sacrifici. Hai ragione, anche vedere morire un amico. Un amico fratello. La droga Vasco, brutta rogna. Da ragazzino ti senti un supereroe ma quando cresci capisci quanto una merda sia. Poi certo, dovevi dare un segno di svolta, soprattutto per i tuoi figli. Ti sarebbe piaciuto avere una femmina? Oddio, sì sono tanto belle le femminucce. Sai che bella canzone ne sarebbe uscita. Quanto zucchero nel caffè? No, per me niente, lo prendo amaro. Ti viene mai un senso una stretta allo stomaco quando ci vedi lì, sotto di te, stretti come sardine, a ridosso del palco? Io scapperei. Ah sì un po’ di invidia ce l’ho per la Moroni. Che gran culona che è quella Moroni lì. Che cosa saresti voluto essere se tu non fossi diventato Vasco? Davvero? Non ci credo… non l’avrei mai detto. Mi spieghi poi come hai fatto a leggere: “Alla ricerca del tempo perduto” di Proust? Io ce l’ho lì in libreria… lo inizio spesso ma non lo finisco mai. Ah dici che non è il momento? Può essere sai. Già Napoli è una città complicata, no no, non voglio sapere se è vera la storia del cesso,  non me ne frega niente, io non ci credo, tuo padre era casertano e se anche fosse così l’hai detto in un momento in cui la tossicodipendenza dilagava. E non mi interessa nemmeno sapere cosa ci trovavi in Barbara D’urso. Ahahahah, hai ragione non potevi immaginare come sarebbe diventata dopo. Del resto chi è che non ha difetti, chi è che non ha deviazioni. Vedi ad esempio? Io a Zocca non ci starei mai. Sì certo verrei a trovarti… ma poi? No no, le montagne te le lascio volentieri. Hai paura Vasco? Sì, anch’io a volte un po’. Come dici? Hai fame? Aspetta che ti preparo qualcosa di buono.

La pizza in teglia

850 g farina 0
4 g lievito
1 cucchiaino di zucchero
500 g di acqua
2 cucchiai olio
15 g sale

Fate sciogliere il lievito con l’acqua e il cucchiaino di zucchero, aggiungete quindi la farina pian piano, facendo amalgamare lentamente le due componenti, con l’ultima gettata di farina si aggiunge sale e olio.
Mettete tutto l’impasto in un contenitore bello grande e fatelo riposare 15 min, dopo di che reimpastate delicatamente a mano e lasciare riposare altri 15 min, poi così altre due volte: fatto ciò copritelo con la pellicola e fatelo crescere per due ore. Oliate le teglie con un solo filo di olio e schiacciate l’impasto lievitato fino a coprirle tutte (con questa dose riescono almeno due leccarde). Fate riposare l’impasto all’interno delle teglie una mezz’ora circa, condite a vostro piacimento e infornate a forno già caldo a 200 gradi per 15 minuti circa.

Queste le ho condite con zucchine e provola e con peperoni e provola.  Chissà se Vasco digerisce i peperoni.

Ps. Ci vediamo il tre luglio, sono quella con la canottiera bianca.