Dal jazz al tango: note sotto la città
La guerra fa schifo, faceva schifo mille anni fa, cento anni fa, fa schifo oggi, ma quando le virtù umane si mettono a disposizione del bello, può accadere di tutto.
Nella Napoli di “sotto”, sabato 24 gennaio, all’interno della Cattedrale di tufo del Tunnel Borbonico, il genio dell’architetto Enrico Alvino ha incontrato il talento assoluto di Simonetta Tancredi, pianista, e Federico Mondelci, sassofonista.
Viuzze sotterranee ci hanno portato fin li, mentre la storia di un’ Italia in guerra si palesava lungo il percorso. Il Tunnel Borbonico fu utilizzato come rifugio durante lo scempio dei bombardamenti della seconda guerra mondiale. Cadaveri di auto e moto dell’epoca ci ricordavano di un passato doloroso, di morte, di vita senza luce, al buio per proteggersi dal pericolo che cadeva dal cielo, da quel cielo di Napoli famoso per il suo colore. Una guida esperta ci ha introdotti alla vita da talpe che in tanti sono stati costretti a provare, sperando di non morire, ma spesso morendo lo stesso, perdendoci anima ed intelletto.
Viuzze sotterranee ci hanno portato fin li, mentre la storia di un’ Italia in guerra si palesava lungo il percorso.
Questo è il suono della sirena che avvertiva del pericolo, dice la guida attivando il vecchio dispositivo. La signora anziana nel suo cappotto color nocciola, davanti a me, si porta le mani al viso. Piange, ce ne accorgiamo tutti. Lei chiede scusa, noi vorremmo abbracciarla. Minimizza e continua a scusarsi, dice solo: Me la ricordo bene!
Siamo fermi, mi guardo intorno, sbircio negli abitacoli ormai devastati dall’abbandono e dall’umidità, vedo i cessi che in quella vita da talpe si riuscivano a trovare solo seguendo il malodore, ché la luce rossastra di lampadine a 12 volt poco poteva fare.
La signora anziana nel suo cappotto color nocciola, davanti a me, si porta le mani al viso. Piange, ce ne accorgiamo tutti. Lei chiede scusa, noi vorremmo abbracciarla
Pianoforte nero al centro della Cattedrale. Il concerto inizia spazzando via tristezza e ricordi, le note riempiono le volte, riempiono i tunnel, straripano in strada, saturano l’intera città. Si celebra la vita, il genio umano che si mette a disposizione della bellezza.
Mani veloci sulla tastiera. Simonetta Tancredi ammalia, le sue dita restituiscono all’udito note cristalline, allegre, veloci, il sassofono di Federico Mondelci suona rotondo, morbido, avvolgente. Grande fascino la Tancredi, suona con le mani e col sorriso. Grande carisma quello di Mondelci, perfetto nel suo gesto di lasciare il centropalco durante l’assolo della collega. Spettacolo nello spettacolo, ma dopotutto, come ho già detto, quando il genio si mette a disposizione della bellezza, può succedere di tutto.
Phil Woods, George Gershwin, Roberto Molinelli, raggiungono il pubblico attraverso la maestria degli esecutori. Immagini di scarpe bianche, pelle scura, labbra rosse, affiorano alla mente durante l’esecuzione della “Brazileira” di Milhaud, estasi per l’udito Oblivion di Astor Piazzolla.
Il sax di Federico racconta di un’intima tristezza cullato dal pianoforte di Simonetta. Stanchezza, passi lenti, strascicati, pensieri lontani, solo ricordi di cose perdute, il fiato che spinge l’ultima nota. In Soledad gli strumenti si uniscono per chiedere consolazione al mondo intero. Alti si levano i suoni a gridare il proprio dolore, a chiedere aiuto, un po’ di consolazione per sentirsi meno soli.
Tradizione tzigana per un magnifico bis. Storie di fuochi, di accampamenti, di tribù, di favole antiche, di donne tanto belle da fare spavento. Allegria, ballo e piacere assoluto.
Grazie Simonetta , grazie Federico.
Prossimi appuntamenti, il 31 gennaio ed il 7 febbraio, stessa location, Galleria Borbonica, Napoli.