Come far impazzire uno scrittore secondo la Kristof
Di Agota Kristof ho letto “Trilogia della città di K” in un soffio. Senza informarmi circa la trama. Tre ragazze sull’autobus mi hanno fermato vedendo la copertina per gettarmi il monito che quella lettura sarebbe stata un’esperienza totale. Così è stato, credo: fino a perdere ogni punto di riferimento. Ma una Grasse Matinée apposita ci attende a breve per discorrere più approfonditamente di ciò.
Per farvi salire l’acquolina in bocca – tanto per rimanere in tema culinario – vi propongo un estratto minimo, senza fare spoiler.
La citazione:
da “Trilogia della città di K”, di Agota Kristof
“Non posso scrivere qui. Mi disturbi, mi spii. Continuamente, mi impedisci di scrivere, vederti, la tua sola presenza in casa mi impedisce di scrivere. Tu distruggi tutto, degradi tutto, annienti sul nascere ogni creatività, libertà, ispirazione! Fin dall’infanzia, non hai fatto altro che sorvegliarmi, dirigermi, scocciarmi, fin dall’infanzia!”
In queste poche frasi è racchiuso quanto di più forte uno scrittore possa rinfacciare. Esse rappresentano quanto di più irritante ci sia, per chi ama scrivere. Quanto di più devastante: sentire bruciare nell’anima la voglia di espressione e trovare, fuori, una forza più devastante, enormemente distruttiva in grado di spegnere gli incendi dell’ispirazione. Da un lato l’enorme potenza creativa, il genio artistico. Dall’altro, qualcosa di misterioso, inaspettatamente nocivo, che sgretola quanto l’estro narrativo lottava per metter su, parola dopo parola. Due potenze enormi a scontrarsi. Lo scrittore ossessionato Victor e sua sorella sono emblema di tutto ciò.
Eppure è impossibile parlare di una lotta netta fra buoni e cattivi, fra Bene e Male: sarà infatti Victor, all’inizio apparentemente vittima, a macchiarsi le mani di un crimine imperdonabile, mentre la povera sorella morirà restando colei che, seppur in maniera un po’ petulante ed apprensiva, lo ha sempre protetto dal mondo circostante affinché potesse concentrarsi unicamente sulla scrittura.
Quello che mi interessa è il fallimento del tentativo di comprendersi.
Quello che mi interessa è il fallimento del tentativo di comprendersi. Una sorella che non auspica altro che la riuscita del fratello nella stesura di un libro e che finisce per essere suo prima pietra d’inciampo nel percorso. Per la serie, crediamo di intenderci, non c’intendiamo mai, tanto per rendere omaggio al nostro Pirandello ad 80 anni dal Nobel. Quale è il limite fra protezione ed alienazione? O, parlando nei termini della comunicazione efficace, oggi tanto in voga: dove è stato l’errore comunicativo?
Impedire allo scrittore la scrittura, in maniera più o meno diretta, è come tagliargli le mani. L’ho detto: la Trilogia è un libro crudele, non soltanto in maniera aperta, ma anche nei dettagli più intimi e sfumati, tutto emana sofferenza e inumanità. Eppure è indubbio: è un capolavoro.
Nell’attesa che tutti vi rechiate in biblioteca o in libreria per tuffarvi nella lettura della Trilogia prima che sia io a raccontarvela nella prossima Grasse Matinée, vi lascio con una ricetta. Questa volta è un pranzo rapido assai.
La ricetta: Croque Madame
L’ho conosciuto ed assaggiato la prima volta in quel viaggio solitario al secondo anno di università. Lo avevo a mio modo inconsapevolmente ricreato in Italia anni prima. L’ho divorato una domenica in una silenziosissima Orléans: ricordo due stomaci vuoti e gorgoglianti e tutti i ristoranti chiusi, tranne quello dove un arabo ce lo preparò a modo suo. Immagino che il fatto che il Croque Madame differisca dal Croque Monsieur per la presenza in più di un uovo all’occhio di bue sia segno della famigerata golosità femminile: non ho mai avuto modo di indagare oltre, ma mi piace pensarla così. E comunque, se il Croque Monsieur è un semplice toast, il Madame ha qualcosa di più.
Ingredienti:
due fette di pane in cassetta
prosciutto cotto
una fetta fina di emmenthal o simili
un uovo
pepe, burro
per condire: insalata, patatine fritte, senape di Dijon a piacere (per me a volontà!)
Tostate il pane con un pochino di burro. Preparate l’uovo all’occhio di bue in una padellina a parte. Mettete in forno o su una griglia adatta le due fette di pane con in mezzo il prosciutto ed il formaggio: aspettate che si fonda. Quando il toast si è scaldato, deponeteci sopra l’ovetto spolverato di pepe. Mangiatelo caldo, accompagnato da quel che preferite.