Tempo di frittelle lunghe e favata
Bettina piccola salta la corda davanti al camino. La fiamma scoppietta e mette allegria. I ceppi bisbigliano tra loro e si mandano baci di scintille. Dalla cucina il profumo delle frittelle lunghe satura l’aria. Nonna Pasquamaria è quasi una piccola ombra. Minuta e ossuta, avvolta dal nero di tanti lutti. Come una formichina si sveglia all’alba e alacremente dispone tutto il da farsi della giornata. Mescola l’impasto delle frittelle con un’energia inaspettata. L’esile braccio bianco che fuoriesce dalla veste sbatte il composto dal basso verso l’alto in un movimento perpetuo, come quello di quei giochini metallici con le palline.
Sabato hanno ammazzato il maiale e domani sarà giorno di favata. Bettina però aspetta le frittelle lunghe e il gusto aromatizzato della festa. Ha solo 5 anni e il carnevale per lei è come il Natale, sa di famiglia e arancia, di fave e lardo, di cugini e zie. Bettina piccola adora i profumi del paese, quell’odore di legna arsa che alla sera s’inerpica lungo le canne fumarie e si posa come una carezza sulle spalle della gente che esce dalla messa.
Nonna Pasquamaria è quasi una piccola ombra. Minuta e ossuta, avvolta dal nero di tanti lutti.
In paese i ritmi isterici della città diventano lente azioni diluite in un quotidiano divenire, senza fretta, senza ansia. Nonna Pasquamaria sa come vanno le cose e non s’affanna più da almeno vent’anni. Le rughe disegnano la sofferenza di una vita dedicata alla famiglia, si sovrappongono sulla fronte e abbracciano gli occhi, ma il sorriso no, quello è sempre lo stesso di quando era giovane. Amava i suoi nipoti, quei piccoli monelli che infilavano le dita nell’impasto delle frittelle per leccarle con gusto. Così non lievitano! Borbottava facendo finta di essere arrabbiata.
Le frittelle lunghe devono riposare nel coccio almeno due ore per avere una cottura perfetta. Bettina piccola non sapeva calcolare il tempo, ma pregustava lo sfrigolio dell’olio e la puzza di fritto che si attaccava ai capelli fino alla fine del carnevale. Tra qualche giorno i carri avrebbero sfilato tra le vie del paese, così era la tradizione. Ma non erano carri come quelli che si vedono oggi, erano piuttosto gruppi di maschere cenciose, col volto oscurato dal carbone, con bicchieri di vino e l’odore dell’alcol che precedeva il loro arrivo.
Nonna Pasquamaria prende il grande imbuto d’acciaio e inizia a far danzare la pasta sull’olio bollente. Bettina piccola guarda la magia delle frittelle lunghe che si formano a spirale nella padella. Tzia Franzisca raccoglie la spirale fritta e profumata con dei mestoli di legno, l’adagia sulla carta con lo zucchero e la scuote. L’aroma d’arancia si spande nell’aria. Queste sono le frittelle lunghe dei piccoli, in quelle dei grandi ci metteranno anche il filuferru.
La pila dorata delle frittelle cresce e Bettina non vede l’ora di poterne addentare una. Domani ci sarà la favata, tutti riuniti attorno al tavolo lungo di legno di ginepro. Saranno in tanti, perché il carnevale qui è una cosa importante. Bettina cercherà come tutti gli anni di prendere il pezzo di lardo più grosso, evitando con perizia i cavoli, quelli proprio non le piacciono. Sabato hanno ammazzato il maiale e domani sarà giorno di favata. Bettina però aspetta le frittelle lunghe e il gusto aromatizzato della festa.
Le frittelle lunghe sono pronte. Bettina piccola ne afferra un giro avida e scappa vicino al fuoco. I ceppi sghignazzano morenti, è ora di mettere altra legna.
Ricetta delle frittelle lunghe sarde
- 1 kg di farina sarda di semola rimacinata di grano duro
- 1 lt di latte intero
- 40 gr di lievito di birra
- scorza di 4 arance
- succo di 2 arance e mezzo limone
- a piacere filuferru o acqua vite
Esecuzione
Unire la farina di semola, la scorza d’arancia e il latte tiepido in un recipiente, aggiungere il lievito stemperato in poco latte tiepido, il filuferru, il succo d’arancia e di limone. Impastare energicamente con movimenti dal basso verso l’alto fino a ottenere un composto non troppo liquido né troppo solido. Lasciare lievitare per circa due ore lontano da correnti fredde e ricoprendo il recipiente con dei teli. Colare nell’olio caldo con l’apposito imbuto, friggere e zuccherare.