La zuppa di Violetta e gli specchi della Oates
Le mie informazioni sull’idolo delle bambine Violetta si interrompono al punto in cui Violetta è, per l’appunto, l’idolo delle bambine. Personalmente preferisco Peppa Pig, perché mi piace che non sia l’ennesima fashion girl con la vocina ma un cartone animato di porcellini dove il porcellino non è dissimile dalla porcellina e che quindi forse non porta i bimbi e le bimbe ad emulare esempi fittizi di virilità o femminilità gonfiata. Se ai miei tempi avessi potuto, in mezzo ai vari Action Man e Bratz, ci avrei messo una Peppa Pig. Infatti guardavo Alvaruccio e Camilla su Super Tre, ma erano altri tempi e di loro non ho mai avuto neanche un gadget – e ne sono felice.
Tornando a questa Violetta, la ricetta di oggi l’ho pensata perché al dunque potrebbe rivelarsi un metodo per far risultare interessante una zuppa anche alle bimbe che le zuppe tendono a rifiutare. Magari davvero questa Violetta-mania ha un lato positivo: magari basta dire “Mangia la zuppa di Violetta”, e via che le donzelle filano a mangiare un bel piatto di sane verdure.
Ecco quindi,
la ricetta : La zuppa di Violetta
Ingredienti
Patate viola
Cavolo viola
formaggio di capra (o altro a piacere)
Cipolle viola di Tropea
Pancetta
Brodo vegetale
Olio, peperoncino, cumino, pepe
Come in tutte le zuppe, secondo il vostro gusto potete aggiungere ciò che preferite: qui potete sostituire la pancetta a una salsiccia a dadini; il formaggio di capra fresco al latte, o alla panna, o al parmigiano, o anche a nulla. Se non siete vincolati dal colore, potete scegliere di mettere qualsiasi altra verdura in aggiunta.
Per il resto, il procedimento è semplicissimo. Il solito soffritto, aggiunta di pancetta, delle patate e del cavolo. Lasciate insaporire, spolverate con cumino e pepe, aggiungete brodo vegetale fino a coprire. Quando la minestra è cotta, frullate il tutto, unite il formaggio, impiattate condendo con un filo d’olio a crudo. Magari, come ho fatto io, decorando con un crostino di pane e qualche verdura sminuzzata.
La citazione, questa settimana che sto leggendo J.C.Oates, è tratta dal primo racconto del suo Notturno, “Le Vedove”:
“Ma quali immagini offre uno specchio? Lo specchio è troppo amichevole, di una complicità demoniaca, sempre pronto a distorcere la realtà per restituirci ciò che vogliamo. Bugiardo, diplomatico, tendenzioso”
Quante volte ci troviamo a guardare uno specchio, convinti di star guardando il mondo? Magari per pigrizia, per non dover far fronte ad una diversità sostanziale che rischiamo di non capire. O semplicemente perché ognuno tende ad essere primo e spesso unico metro di paragone di sé, sicuramente quello più accessibile ed attendibile. Come usare un metro di paragone che non si conosce nell’intimo, altrimenti? Misuriamo il mondo con i nostri occhi, certo. Guardiamo il mondo attraverso occhiali a specchio che non fanno altro che rimandarci la nostra immagine falsata, ed in base a ciò che siamo troviamo analogie e somiglianze, facciamo il gioco delle differenze. Avanziamo cautamente nel mondo dissimile e navighiamo con agio in quello che ci risulta, invece, familiare. Ignorando che quelle analogie potrebbero essere fallaci, potremmo averle costruite noi o lo specchio di cui abbiamo fatto uso. Parlo di xenofobia e del picco che ha raggiunto di recente, successivamente agli attacchi a Parigi. Lo specchio è il buono ed il resto è il male. Parlo del compagno di classe diverso, che non è specchio ma punto interrogativo. Parlo del brand famoso che è specchio e di quello sconosciuto che chissà di che qualità è, meglio non comprarlo. Molteplici sono gli inganni dello specchio bugiardo, diplomatico e tendenzioso.
E le ragazze che urlano davanti alla TV quando trasmette Violetta, iniziano a guardare nello specchio anche loro? La frase concisa della Oates può suggerire questa o altre mille riflessioni. A voi l’onore di soffermarvi sulle altre, e buona zuppa.