Quando l’uomo dimentica
La violenza peggiore si conclude con la morte, ma ha la sua origine primordiale altrove, ad esempio nel pianto del bambino che per la prima volta sente l’odore del mondo sulla pelle. Un bambino che dovrà mangiare quello che verrà lui concesso, che vestirà secondo i gusti e le possibilità della mamma, che inizierà a camminare solo quando la sua mano lascerà quella dei genitori. E giocherà ai giochi che gli verranno regalati, nelle ore in cui gli verranno concessi, e per il tempo da altri previsto.
In questo modo crescerà, quel bambino, e diventerà fanciullo, con l’obbligo di baciare i parenti, di obbedire a qualsiasi comando, con la voglia di urlare repressa dalla funzione della messa.
imparerà ad ascoltare la cantilena dei professori (…) a copiare insignificanti testi, tradurre il nulla nel niente
Così, piano piano, la vita proseguirà per la sua strada, e ci sarà un lavoro ad aspettarlo, magari malpagato, magari con obbligo di presenza nei giorni festivi, che quando hai una famiglia significa non vedere i figli quando loro sono in vacanza. Anni di lavoro retribuiti con il sapore acido della sopravvivenza, e un mutuo infinito da saldare a una banca che arreda i suoi spazi con il sudore dei clienti. E le bollette da onorare, la benzina che aumenta a suo piacimento, e tutt’intorno ladri eletti dalla stupida assenza della gente.
Un giorno, forse, arriverà il riposo, magari sulle spalle di un figlio distratto e ormai già grande, magari con un assegno mensile che servirà a malapena ad azzerare il conto del panettiere. E in caso andasse male, c’è l’assistenza sanitaria, e lunghe code allo sportello, e per una visita urgente il rischio è di perdersi pure il proprio funerale.
La violenza, a vederla tutta, sta tutta lì, nella routine altalenante della gente, quando la vita è spogliata della sua bellezza; quando l’uomo dimentica che è solo l’Amore che move il sole e l’altre stelle.