Catena a reazione
Oggi dopo un tempo che pare lunghissimo ma di fatto è volato senza cambiare niente nel nostro modo di darci appuntamenti, che siano questi per domani o tra dieci anni, torniamo alla nostra stanza.
Certo che siamo cambiati. Ma c’è qualcosa che non cambierà mai di noi, perché da quella prima volta in quella stanza, la chimica dei nostri corpi ci ha portati in una dimensione dalla quale non faremo mai ritorno. Perché noi ci siamo conosciuti oltre le nostre singole sensazioni corporee. Io e lui, da quel giorno in poi, in quella stanza.
L’amico che mi portò da lui lo disse per tutto il tempo del viaggio. Devi assolutamente conoscerlo. Intendeva che avevamo cose in comune, professionalmente. Non eravamo soli, quando arrivammo a casa sua. Ma da quando entrai in quel posto e vidi quell’uomo, intorno a me non ci fu più niente. Fu una trasformazione subitanea, sconosciuta, che mi lasciava senza parole. Non m’ero mai sentita così prima di vederlo. Aveva il potere di far cadere qualsiasi inibizione, qualsiasi paura e qualsiasi scrupolo.
era tutto ciò che avevo, niente biancheria ammiccante, niente. Solo la pelle, sotto
Il giorno dopo gli telefonai con la scusa di un appuntamento di lavoro. E chiesi di incontrarlo lì, in quel luogo, che diventò il nostro covo. Certo che seppe subito cosa volevo da lui. D’altronde, non ero certo la prima. Ma lui era vorace e curioso abbastanza da non tirarsi indietro.
Non ci fu imbarazzo, salimmo. Dobbiamo parlarci, conoscerci, conoscerci, dissi. Certo, era tutto chiaro. Ci trovammo in piedi al centro della stanza. Ero vestita in modo sobrio, semplici jeans, un maglione verde di lambswool a collo alto. Ma era tutto ciò che avevo, niente biancheria ammiccante, niente. Solo la pelle, sotto.
Mi guardò e mise subito le sue mani sotto la maglia afferrandomi alla vita, poi le fece scorrere sulla mia schiena. Fu un brivido immediato, fortissimo. Da lì la mia volontà divenne nulla e assoluta. Lo respiravo come fosse il concerto di odori e stimoli di un bazar esotico, le mie dita erano già a pettinare il giardino del suo petto, come se fosse un piccolo quadrato zen; facevo onde dentro la sua voglia, mettevo la testa nell’incavo del suo collo e inalavo lo strato di vita che c’era sulla sua pelle, lo capivo così. Sentivo la sua esperienza, la sua forza. Eravamo già pronti per quell’incontro da tempo memorabile. Scivolammo a terra. Per un momento fermi, a guardarci, forse non ci eravamo ancora guardati negli occhi.
non era grandissimo, ma aveva una proporzione perfetta, come di una piccola spada brillante.
La mia cavità voleva essere riempita di lui. Fu un attimo, scivolò dentro senza attrito, senza resistenza. Quando fu nell’incavo del ventre accadde qualcosa di perfetto. I nostri sessi erano complementari, erano come due parti di una serratura che apre scrigni e segrete. Coincidevamo punto per punto, eravamo vicini fino all’ultimo strato delle mucose, io ero il recettore perfetto del suo sesso, lui era la molecola che apriva la catena a reazione del mio piacere totale. Il mio bacino e il suo erano appoggiati l’uno all’altro, eravamo un incastro. La sua testa scese verso il mio seno, sentii le sue labbra sul capezzolo, mi facevano suonare come uno strumento.
Ero un’arpa, vibravo tutta. Scivolai le mani sulla sua schiena, raggiunsi i glutei, mi introdussi tra loro, niente era clandestino, niente era proibito, ci toccavamo con ogni cellula. Fino a quel momento lui aveva mantenuto un atteggiamento sicuro e padrone, non voleva darmi la sensazione di essere io a fare il gioco. Lui era forte, un lupo, abituato alle prede, onnivoro. Ma dopo che i trasmettitori della nostra reazione corporea si furono liberati, il lupo si ammansì piano, smise ogni atteggiamento brusco, i suoi gesti si addolcirono, divennero arresi e confidenti, grati, languidi.
Quando i picchi estremi della soddisfazione furono raggiunti più volte, quando la gratitudine delle membra fu al colmo, successe una cosa incredibile. Lui tutto sudato, stanco, mansueto, si rannicchiò tra le mie braccia, diventando piccolo, leggero. Lo tenevo tutto nel mio abbraccio, sudato e appagato, come un bimbo. Mi ringraziava col silenzio, col sorriso. Era sereno, mi conosceva davvero. Ci eravamo dati e accettati, sapevamo già tutto. Eravamo confluiti lì, come due fiumi che devono sboccare nello stesso delta, per volere della terra.
Lui era forte, un lupo, abituato alle prede, onnivoro.