Napoli. Il più bel paesaggio dal vero
È una splendida giornata qui a Napoli, come sempre del resto, pure se piove.
Il fatto è che io ne sono proprio innamorata.
Sarà scontato, ma qui tutto ha un suo particolare colore, sapore, odore.
Passeggio senza una meta precisa, mi addentro nei Decumani, mi guardo intorno e vedo l’essenza di questa città.
E’ difficile spiegare a chi non vive qui cosa sia Napoli. I pastori del presepe forse ne avrebbero da dire di cose, ma non possono parlare. Il pizzaiolo di Sorbillo, potrebbe, ma non ha tempo, c’è la fila fuori il locale. La signora anziana affacciata al suo balconcino, che vede e sente sempre tutto, potrebbe, ma nun tene genio ‘e parlà stamattina.
Allora facciamo così, non parlo neanche io. Passeggio e guardo.
Tutto fa Napoli. La chiesetta “scarrupata“ fuori ma meravigliosa dentro; gli scugnizzi che giocano a pallone urlando parolacce di ogni tipo, con gli occhi pieni di vita; la sfogliatella profumata di Scaturchio che da sola potrebbe salvare il mondo. La scaramanzia, la superstizione.
Ah, a proposito, il corniciello lo devo comprare, non si sa mai. Non è vero ma ci credo.
La gente che sorride, quella che litiga, e quella che non pensa ai fatti suoi.
Il contrasto del meraviglioso patrimonio artistico che convive ogni giorno con la strafottenza dei più, e l’amore dei meno. Il fatto è che siamo stati abituati a vederle tutti i giorni sotto i nostri occhi queste bellezze. Le diamo per scontate. In un certo senso pensiamo che ci spettino di diritto.
Continuo a passeggiare, saluto San Gennaro nel suo maestoso Duomo, e decido di spostarmi a Mergellina.
Ogni volta che guardo verso il mare, vedo una cartolina. Il Vesuvio fa da cornice naturale. Anche la mantella di case colorate diventa suggestiva, seppure la logica vorrebbe che ai piedi di un vulcano attivo non si dovrebbe proprio costruire. Ma che fà … po’ ce penzamm.
Continuo a passeggiare senza fretta, calpestando quel Lungomare “liberato” dalle macchine e dallo smog e l’odore del mare mi entra dentro, senza chiedermi il permesso. Magari decido di fermarmi a prendere ‘na bella tazzulella di caffè ad uno degli chalet che più mi aggrada e mi faccio coccolare dall’ozio.
Ecco perché tanti musicisti, poeti, scrittori, artisti in generale, hanno avuto qui l’ispirazione.
Se fossi una pittrice, prenderei un foglio e comincerei ad imprimervi quella grande bellezza che vedo dinanzi a me. Ma non sono così brava. Al massimo posso fare un bozzetto a matita. Allora volo col pensiero, verso gli artisti che realmente possedevano nelle loro mani l’arte immortale del paesaggio dal vero.
Nella prima parte del 1800 si distingue in questo settore la cosiddetta Scuola di Posillipo. Con questo nome si indica un folto numero di paesaggisti attivi a Napoli fra gli anni ’20 e gli anni ’50 dell’Ottocento: in testa sono da considerare l’olandese trapiantato nella città partenopea Anton Sminck Van Pitloo e il napoletano Giacinto Gigante, seguiti da vari altri.
La denominazione ricorre per la prima volta nello storico Pasquale Villari, che così scrive nel 1869:
“La bellezza del clima, i paesaggi stupendi che circondano Napoli e i molti forestieri che ne chiedono sempre qualche ricordo disegnato o dipinto, avevano fatto sorgere un certo numero di artisti che, come per disprezzo, erano chiamati dagli accademici “Scuola di Posillipo”, dal luogo dove abitavano (…)”.
Le principali caratteristiche di questa scuola sono: lo stimolo del mercato di souvenirs, l’antiaccademismo, e l’aggiornamento europeo della ricerca. Quest’ultimo punto era assicurato, oltre che dai viaggi che gli stessi artisti facevano in Europa e in Oriente, anche dall’arrivo in Italia di molti paesaggisti stranieri. Sia Pitloo che Gigante arrivano ad una visione lirica e romantica, raggiunta attraverso percorsi diversi: nella prima fase di Pitloo ha prevalso una formazione classica che gli ha fatto prediligere l’olio e le gamme profonde dei verdi, mentre Gigante ha alternato gli insegnamenti del suo collega olandese con la pratica di topografo presso il Reale Officio Topografico di Napoli, oltre all’uso della “camera lucida” o “camera ottica”, ossia l’antenato della moderna macchina fotografica che consente di proiettare su un foglio le linee fondamentali del paesaggio inquadrato.
Il paesaggismo della Scuola di Posillipo è composto dunque dall’armonia dei paesaggi classici, la ripresa di brani paesaggistici dal vero, insieme ad un punto di vista che arriva ad una inquadratura ravvicinata. Il pittore riesce a trasfondere nel paesaggio, anche grazie all’uso sapiente dell’acquerello, un soffuso sentimento lirico e romantico, pur mantenendo intatto il riferimento al paesaggio dal vero e alla vera luce studiata all’aperto.
Di cose da raccontare su Napoli ce ne sono ancora tante e non si esauriscono di certo in un solo racconto di pochi minuti.
Napoli è una città complessa, contraddittoria, musicale, profumata, “sapurita”. Va raccontata con la flemma napoletana, un po’ per volta. A pizzichi e a mozzichi.
Con la certezza che di Napoli non ci si stanca mai, pur conoscendo profondamente i suoi tanti aspetti negativi, come ha raccontato bene Pino Daniele nei versi della sua canzone più famosa.
“Napule è mille culure
Napule è mille paure Napule
è a voce de’ criature
che saglie chianu chianu e
tu sai ca nun si sulo.
Napule è nu sole amaro
Napule è addore ‘e mare
Napule è ‘na carta sporca
e nisciuno se ne importa e
ognuno aspetta a’ ciorta.
Napule è ‘na cammenata
inte viche miezo all’ato
Napule è tutto ‘nu suonno
e ‘a sape tutti o’ munno ma
nun sanno a verità.”