Terra dei Fuochi, il mostro invisibile che gira nell’aria
Aria finta. Il corpo sente che respiri aria finta. Non hai scampo. Non puoi allontanarti velocemente come quando ti ritrovi dietro al tubo di scappamento di un camion. In quel caso, dopo pochi metri sei in salvo. Trattieni il respiro, acceleri il passo, ti copri il viso, finché riassapori di nuovo la dolcezza dell’aria vera.
Il rogo tossico non prevede salvezza. Permea l’aria occupando ogni anfratto, più pervasivo di un segnale radiofonico, si appropria dell’etere, incurante di tutto. Incurante della tua sofferenza. Annaspi, bestemmi, ti giri e guardi i bambini che rallentano il ritmo dei giochi. La sensazione è quella di un ladro sorpreso in casa a rubare, un ladro invisibile ma avvertibile.
Ti senti violato. Sali sul tetto, ti allunghi, cerchi il focolaio, nulla, non c’è, non lo vedi. Dall’alto chiami, chiedi come stanno i bambini: chiudi tutto, le finestre! Lo gridi per istinto! Il mostro, nero e denso, è già in alto. E’ largo, un’enorme mano che ha rubato l’azzurro del cielo. La strega cattiva, l’incubo dell’infanzia, quel drago che credevi di avere sconfitto, ritorna, è reale stavolta. La transitorietà della paura infantile lascia posto alla paura adulta, al timore perenne, quotidiano.
Siamo tutti novelli Prometeo, ma la sofferenza non ha alternanza. Può sorprendere in qualsiasi momento. Di notte o di giorno, senza alcuna differenza. Non ci si abitua. Il fetore ammorba l’anima, il corpo, il pensiero. E ci pensi a quella puzza. Diventa un tarlo. Ti risuona dentro come una campana impazzita: din-don din-don din-don, all’infinito, un moto perpetuo di assordanti avvertimenti. E’ successo, non era un sogno. I sensi non ti hanno tradito, hai visto, hai annusato, hai assaporato.
Chi è stato, ti chiedi. Perchè qualcuno lo fa? Cosa incendiano? Non hai sentito sirene dei Vigili del Fuoco, il tg non ne ha fatto parola. E’ successo di nuovo, e ancora, ancora e ancora. Niente sirene. Superbo e incontrastato il mostro sale, ti scruta dall’alto. Perché nessuno grida? Le urla di paura chi le ha inghiottite? Nessun lamento, nessuna ferita evidente. Il mostro danneggia in silenzio, corrode dall’interno, come una vendetta, una fredda vendetta, a saldo di chissà quale colpa. Qualche tempo dopo ti chiederai quale colpa, quale affronto al mostro ha potuto commettere il figlio del vicino? Ha sette anni. Sta morendo, morendo di cancro e chemioterapie. Ha la pelle trasparente, ha il cranio lucido e venato come un pavimento di marmo, freddo e inerte.
Chiedi in giro, ti accorgi che altri hanno sentito, altri hanno chiuso porte e finestre. Scopri che tanti si ammalano, ogni giorno. Vedi un cerchio intorno: ci sei proprio dentro. Una forma geometrica perfetta di cui non avevi mai avuto percezione, un anello che stringe, soffoca, si riallarga e paurosamente si riavvicina, ti lambisce, ti spaventa, gioca con te usando regole macabre che neppure conosci.
Il martello della campana picchia, ogni giorno, ogni minuto. Il drago è tornato.
Ti accorgi che il comune senso del pensare si forma per induzione. La verità, spesso, è preconfezionata, non si forma per deduzione. Il nesso causa-effetto è sconosciuto ai più, occultato da alcuni, da quei pochi che hanno il potere per farlo, da quel nugolo di persone che pur avendo il privilegio di una posizione culturalmente influente, preferiscono indossare i panni di Mefistofele.
Traditori del genere umano, come se essi stessi non ne facessero parte, alieni, abitanti di un mondo parallelo, immune alle umane sofferenze.