Tradiscimi per favore, amore
“Se mi ami lo devi fare”. La guardai aspettando una risposta.
“Non so se ce la faccio Gianni, non lo so”.
“E’ una prova. Tu dici che per me faresti tutto, anche morire. Ti sto chiedendo molto meno Eleonora”.
Si faceva notte tutt’intorno. Gli spaghetti nel piatto erano diventati freddi. Nessuno di noi due aveva più fame. Eleonora aveva sgusciato alcune vongole e ne aveva sistemato i gusci intorno al bordo del piatto come un quadro astratto. Ora ci giocava soltanto.
Aspettavo la risposta. Per non influenzarla ritirai la mia mano dalla sua, conoscevo quanto fosse sensibile al contatto con la mia pelle. Desideravo solo che lei fosse abbastanza lucida da decidere per un sì. Eleonora si versò da sola un po’ di vino bianco e mi guardò. Non bevve subito.
“Gianni… se tu mi amassi veramente non avresti dovuto chiedermelo”.
“Lo sai che ti amo, più di ogni altra cosa nella mia vita, ma sei tu che vuoi darti di più”. Eleonora bevve dal calice a tulipano, ricordandomi quanto le avevo insegnato sul vino e sull’amore. Adesso qualche volta al ristorante era lei stessa che si faceva cambiare il bicchiere se non era quello giusto. Tutto ciò che era quella ragazza seduta di fronte a me lo doveva a me.
Avrebbe accettato, come l’ultima volta quando le avevo portato Loredana nel nostro letto. “Andiamo Ele, non è poi così diverso da quella volta con Loredana. Ti è piaciuto accarezzarla e farti baciare, ti ho semplicemente aiutata a realizzare una fantasia. Ora tu lo fai per me. Di quanto tempo hai bisogno per dire di sì?”. “Gianni non è così semplice, e poi è diverso, con Loredana è stato tutto più naturale, e c’eri anche tu. Qui sarei da sola, e non capisco ancora il motivo della tua richiesta”.
A questo punto volevo influenzarla, perciò misi la mia mano sulla coscia, scivolai sotto la gonna e arrivai alla porzione di pelle tra l’elastico dell’autoreggente e l’inguine caldo. Non sarei andato oltre, le avrei soltanto fatto sentire la pressione leggera della mia mano. “Sfilati le mutande”. Le versai altro vino e non le tolsi gli occhi da dosso. “Ora? Ma è pieno di gente. Non puoi aspettare che andiamo in macchina?”. “No. Fallo adesso, poi devi solo passarmi lo slip nella mano. Tutto qui. Non voglio fare altro, te lo giuro”. Eleonora respirò profondamente ed io vidi il suo seno tondo alzarsi e riabbassarsi sotto la maglietta.
“E con chi dovrei farlo?”
Ora Eleonora aveva lacrime negli occhi nerissimi alla luce del buio. Era il momento per esercitare maggiore pressione con la mano, arrivai fino a sentire il suo calore sulla punta delle dita, mi fermai. “L’hai fatto? Amore mio, dammi la mano”. Eleonora mi diede la sua mano e dentro di essa arrotolato il suo slip di pizzo bianco. Provai a sorridere, ma volevo la risposta definitiva alla mia proposta. “Lo farò Gianni, farò la tua prova”. “Benissimo, lo faremo domani sera. Dimenticavo Eleonora: tu sarai bendata”.
L’uomo entrò nella stanza e guardò la ragazza distesa sul letto. Era in mutande e reggiseno bianchi, con un piccolo cuscino dietro la nuca e i capelli scuri come macchie d’inchiostro attorno al volto. La sua pelle era bianchissima e il nero pube si intravedeva sotto la trasparenza del bianco. La benda sugli occhi le metteva in evidenza il naso leggermente largo alla base e il labbro superiore si sollevava piano ad ogni respiro.
L’ambiente era riscaldato, ma lei tremava come se fosse stata esposta al vento. I patti erano che nessuno dei due avrebbe dovuto parlare. L’uomo le sfiorò il ventre con le nocche, poi la bocca con la punta della lingua. La ragazza ebbe un piccolo sussulto e girò il viso da un lato, poi però lo rimise nella posizione di prima. L’uomo passò le nocche della mano dal ventre alle cosce senza mai toccarla con le dita, poi arrivò al pube e lì restò per un tempo più lungo con il pugno contro di lei. Spinse forte il pugno quasi a farle male. La ragazza ebbe un fremito e poi irrigidì le gambe come a voler ricordare a se stessa di non lasciarsi andare al piacere. Ora l’uomo era seduto su di lei e la soffocava con il peso del suo corpo, la ragazza respirò affannosamente.
(…) senza mai toccarla con le mani la penetrò (…)
Fu solo allora che Eleonora comprese che l’uomo della prova era Gianni.