Tra parentesi
Devo essere onesta: uscivo dall’autostrada ad una velocità eccessiva rispetto alla possibilità che mi permetteva il codice della strada. Quindi che la polizia mi fermasse ci sta. Che la polizia mi consigliasse di non farlo più ci sta. Che la polizia tentasse di farmi sentire studentessa di scuola guida al quattordicesimo anno fuori corso, e per di più immorale, non ci sta più.
Vengo e mi spiego. Trotterellavo beatamente con la macchina “rubata in prestito” a mio fratello (presa in prestito non ci sta, perché non l’ho presa: l’ho subdolamente sottratta a sua insaputa mentre lui era dal parrucchiere. Cosa poi ci vada fare dal parrucchiere uno calvo non è dato sapere. Forse si fa terapia di gruppo sul perché i capelli lascino il loro posto di lavoro anzitempo e senza la possibilità di nominare un supplente. O forse s’illude del fatto che magari ha avuto la testa montata al contrario e quella non è la barba ma sono capelli a spazzola. O forse fa lo sciampista partaim per arrotondare, ma non vuole che si sappia. Certo è che lui è calvo e sta lì in media quattro ore. E la cosa interessante, che volge inesorabilmente al mistico, è che anche mio cognato è calvo, ed anche lui ha lo stesso parrucchiere, la stessa barba a carta vetrata e la stessa tempistica di mio fratello. Inizio a sospettare che mentano e che il “vado da Rocco a farmi i capelli” sia una frase criptica per chissà quale miscion impossibol top sicret. O magari dicono “Rocco” ma, in realtà, il parrucchiere ha un nome ben più esotico e si chiama tipo Deborah con l’acca o Jessica con la jess. Chissà… Ma questa parentesi è troppo lunga, avrei fatto prima a scrivere un insardevole diario sull’argomento).
Dicevo: trotterellavo beatamente con la macchina “rubata in prestito” a mio fratello
(ché poi ho anche un altro fratello che invece i capelli ce li ha tutti, e magari proprio per evitare la caciara di cui sopra, il parrucchiere lo frequenta poco. Anche perché forse il suo parrucchiere non ha un nome così esotico. E quindi non si chiama tipo Milly con la ipsilon ma semplicemente Pasquale, e quando dice “vado da Pasquale” non mente. O forse mente pure lui ma non lo sapremo mai, perché per non dare troppo nell’occhio ha preferito trasferirsi a Belluno di casa, di bottega e biutifarm. Unico esemplare di homo – evidentemente non troppo sapiens – che negli ultimi centocinquantadue anni è emigrato dal Sud a Belluno. Ma come dove si trova Belluno, su?! Belluno… in provincia di Belluno, no? Perché fa pure provincia! Non saprei come altro aiutarvi per farvi capire dov’è… Anch’io ho sempre creduto che fosse il nome fittizio di una città ipotetica, inserito nella cartina geografica come riempitivo. E invece, al di là di ogni più rosea previsione, esiste davvero. Ed esiste pure il parrucchiere, perché nonostante mio fratello tenti il riserbo, quando passa da Pasquale con la squà ce ne accorgiamo tutti. Soprattutto perché si inizia a intravedere sulla sua testa un informe accrocco che neanche la scomposizione del più ispirato Picasso, con strane sfumature alla nuca da far invidia al più colorato dei tramonti in primavera e tanti di quei gradini, frutto di generose sforbiciate, che a confronto la scalinata di Piazza di Spagna è un misero seminterrato! E anche questa è una parentesi un po’ troppo lunga, quasi quasi cambio il titolo e faccio un insardevole a tema).
Dunque dicevo: trotterellavo beatamente con la macchina presa in prestito a mio fratello (mi sa che è meglio dire “presa in prestito”, sia perché “rubata in prestito” mi scatena una serie di parentesi compulsive, sia perché in realtà avrei anche una sorella… Niente! Non sono riuscita a sottrarmi al fascino di una nuova parentesi. Insopprimibili desideri mi agguantano. Impossibile resistere!? Mi sento tipo in quella pubblicità di vent’anni or sono, che racconta quanto sia difficile e contro natura succhiare una caramella gommosa: “alle morbide fruigioi tu resistere non puoi, devi devi devi devi devi masticar”. Ma almeno questa parentesi non è troppo lunga, spero che mia sorella non mi chieda un risarcimento per la mancata pubblicità ai suoi capelli e al suo parrucchiere William con la dabliu. Ok ok, adesso esco da qui dentro, altrimenti rischio di farmi travolgere).
Comunque dicevo: dovevo fare un riding e mi ci stavo recando con la macchina presa in prestito… e mi ci stavo recando, punto. Uscita dall’autostrada, ecco in lontananza una paletta della polizia che, nel solido braccio del poliziotto addetto, oscillava vistosamente a destra e sinistra tanto che io ho creduto che mi avesse identificata come talentuosa attrice di successo e mi stesse salutando con trasporto. Io, orgogliosa di essere stata riconosciuta, ricambio l’affetto con una manciata di clic di abbaglianti, ma il solerte tutore dell’ordine mi fa capire che non stava platealmente omaggiando la mia arte ma invitandomi a fermarmi. Io non avrei potuto accettare l’invito ché avevo appunto un riding da fare, ma visto che andavo veloce sarebbe stato meglio non stuzzicare la permalosa suscettibilità dell’uomo in divisa e il suo desiderio di intrattenersi con me.
«Buongiorno».
«Stefà ti richiamo ché mi ha fermato la polizia. Buongiorno agente»
(avevo gli auricolari: 1 a 0 per me).
«Andava troppo forte lo sa?».
«Ha ragione, mi scusi» (1 a 1).
«Patente e libretto».
«Questa è la patente e su questo ho certezze. Il libretto non saprei. Intende quello postale?»
«Intendo quello di circolazione».
«Ah che sbadata» (questa frase in realtà non l’avrei detta giammai! Ma si sa: sull’uomo che ostenta virilità a fior di epidermide la svampitezza vince. E quei muscoli, quasi incontenibili da una camicia esausta di vestire due taglie in più rispetto alla sua possibilità, mi confermavano che ci avevo visto giusto e che lo zelante giovine si era prevalentemente dedicato all’ipertrofia dei bicipiti tralasciando inesorabilmente di far tirar l’elastico, di quando in quando, anche al cervello, rimasto evidentemente intonso, nuovo di zecca, ancora incellofanato e pieno di condensa. E anche questa parentesi è troppo lunga. Pazienza! Al massimo se rileggete il pezzo saltatela).
Dicevo: «ah che sbadata! Senta agente, mio padre (che è pelato solo in alcune zone della testa, e che da quarant’anni va sempre dallo stesso parrucchiere al quale è talmente affezionato che nessuno ha il coraggio di dirgli che è morto) quando viene fermato dalla polizia porge sempre tutto questo…» e gli do un incartamento di roba riesumato dal cassetto di fronte al sedile del passeggero.
«Ma a me serve solo il libretto».
«Guardi sarà qui dentro, abbia la cortesia di cercarlo lei perché io rischierei di non riconoscerlo».
E lui, nell’aprire l’incartamento e nell’intercettare il libretto, borbotta cupo:
«Questo è grave».
«Oh mio Dio no! Perché? Cos’è successo? Io non so niente glielo giuro… La macchina è di mio fratello… non ci vado neanche troppo d’accordo… e le confesso che ha avuto atteggiamenti sospetti ultimamente… io l’ho solo rubat…ehm…presa in prestito mentre lui era dal parrucchiere…»
«No no, dico che è grave che lei non sappia cos’è il libretto».
«Ah… e perché sarebbe grave?»
«Perché lei per prendere la patente deve averlo studiato. Se la patente ce l’ha, deve anche sapere cos’è il libretto».
(Ma come sei sveglio! Ma perché non partecipi alle selezioni del GF13? (laddove GF non sta per guardia di finanza, non t’illudere! Guarda, io proprio non volevo, ma te la sei cercata).
«E lei mi sa dire, agente, la data della terza guerra d’indipendenza?»
«Prego?»
«Grazie! No perché per occupare il posto che occupa una qualche licenza, almeno media, deve averla presa. Quindi dovrebbe saperlo…»
2 a 1 per me e partita chiusa! (E aperta parentesi: meno male che non mi ha detto «Io non la so. Me la dica lei!» ché mi avrebbe prima sgamata e poi multata per mortificazione ingiustificata a pubblico ufficiale, blef, doppio gioco, tentata truffa e millantato credito storico!).
Dello stesso autore https://www.facciunsalto.it/archives/1816