Con un “Cracco” tra i capelli
Care mie, ragazze, signore o giovincelle, concorderete con me sul fatto che spesso, i negozi di parrucchieri sono accomunati da tre cose, la prima: l’onnipresenza di giornali come Novella 2000, Grand Hotel (esiste ancora?), Vero, DiPiù, Gente, EvaTremila e forse, ma forse eh, un quotidiano, anche se quella è roba rara che ti rifilano mentre aspetti, impaziente, il tempo di posa.
La seconda: i pettegolezzi, che esci dal salone non solo con il colore e il taglio rifatto ma anche con un “abito” nuovo cucito addosso. Parlano, parlano, come vecchie comari di questo, di quell’altro, di Caio e di Sempronio. La loro vita passa tra un paio di forbici, un phon e i cazzi degli altri.
La terza è la tattica del balsamo, del ricostituente, del lisciante addio effetto crespo, dei sali minerali che rigenerano la fibra, della cheratina e, ora, pure del collagene. Al lavaggio ti infilerebbero in testa qualsiasi cosa, solo per far lievitare il prezzo finale che poi, fatti i conti, una piega costa tre volte una bistecca alla fiorentina.
Comunque sia, questo preambolo solo per dirvi che io, dal parrucchiere, diventavo inquieta. Sì, sì, avete letto bene, il verbo è al passato (imperfetto) perché io, adesso, a tutto questo ci ho rinunciato, con mio grande piacere.
E ora quando esco dal parrucchiere, sorrido. Oggi infatti le mani tra i miei capelli le mette un coiffeur a metà tra Cracco e Monet, Neruda e Berlinguer. L’ho scovato in un posto angusto, una periferia della periferia di Firenze a metà strada tra la tramvia e l’imbocco dell’A11. Un posticino triste, un quartiere di passaggio che si atteggia ancora a piccolo paese dove ci sono il ferramenta, l’alimentari, la Casa del Popolo (quella non manca mai), il biciclettaio e la pasticceria che almeno un caffè e una pastina, anche nei posti tristi, vanno concessi a ‘sti poveri cristi.
In mezzo a cotanta desolazione però ho trovato il mago del capello. Lui non vuol farsi chiamare artista ma artigiano (e io questo l’apprezzo). Sul divanetto che accoglie gli ospiti ci sono riviste di “taglio alto” e almeno due quotidiani. Non ha appese in negozio foto di modelle ammiccanti che ti guardano come a dirti “Guarda che bei capelli che ho, uscirai da qui e sarai come me” mentre invece – quando varchi la porta con la fattura da oltre cento euro tra le mani – sembri la Littizzetto con capelli “melangiati” color menopausa che, dei riflessi di rame, proprio non hanno niente. Neppure l’idea.
Lui invece, il mago di Casellina, si prende cura dei miei capelli. Mi mette in testa l’impossibile, compreso un olio meraviglioso prima del lavaggio e il bello, amiche mie, è che con lui il prezzo non lievita. Lui ama i vostri capelli, è un animo nobile, il lavoro non è il mezzo e neppure il fine, è solo passione per la quale, certo, bisogna essere pagati. Ma senza approfittarsi. Per questo gli sarò fedele a vita.
E lo farò anche per quell’amore che nutre per la cucina, per i poeti francesi, per Giorgio La Pira e il comunismo seppellito insieme al suo leader. Perché è un sognatore d’altri tempi e vede colline di lavanda anche fuori dal suo negozio, dove invece pullulano auto, motorini e nuovi negozi di cineseria. E poi perchè – e questa è la cosa più importante- mentre mi fa la piega sciorina ricette che pare Cracco, Barbieri e Bastianich messi insieme.
Arrotola alla spazzola i miei capelli ricci come se fossero un involtino di carpaccio e poi li lavora come si fa con la pasta per le tagliatelle, fino a farli diventare lisci e lucidi come il miglior salmone della Norvegia, anzi pardon, come un’acciughina del Forte dei Marmi, perché il mio parrucchiere è rigorosamente a chilometri zero. Taglia poi i miei capelli con la stessa cura con la quale sfiletterebbe un branzino, con quell’amorevole dedizione che “il taglio, in cucina, è tutto”.
Durante il nostro ultimo incontro in salone mi ha pure insegnato a cucinare il filetto, aromatizzato all’arancia ed al limone, con un tocco di Cointreau che fa molto anni Novanta. Poi quando mi mette il lucidante finale sulla mia chioma bionda per lui è come vaporizzare delicatamente l’aceto sulla tagliata.
Insomma, se siete stufe delle solite parrucchiere che vi promettono miracoli e l’unica cosa certa con la quale tornate a casa è la strisciata a doppio zero del vostro bancomat, se volete estraniarvi dal mondo concedendovi due ore di conversazione tra il filosofico e lo psicologico, se volete farvi due sane risate in allegria senza dover per forza sentire i cavoli di tutto il paese, se volete sentirvi cullate da Cracco, venite a Scandicci, anzi a Casellina.
Scandicci, che ha dato i natali a Dino Campana, a Lamberto Dini (dobbiamo esserne contenti?) e a ben tre calciatori famosi: Barzagli, Stovini e Vigiani (tanto lo so che conoscete solo il primo) è anche la città dove troverete il parrucchiere dei vostri sogni. Così se a Rignano era nascosto il nuovo presidente del Consiglio anche Casellina tiene custodito il suo tesoro. A lui, al nostro “Pierguido da Casellina”, David Mallet e Ted Gibson gli fanno un baffo.
Provare per credere.