Chi trova un amico…
Lo dice il saggio: «ognuno ha gli amici che si merita». Lo dice anche il proverbio: «dimmi con chi vai e ti dirò chi sei». Lo dice niente meno il mio fido santone Maccaus, teorico della mistica trascendenza e pratico del raggiro e della frode: «tu copernichi in fra disricula e rubadruna, sarà la sbariata a ripriferne chiocchio. Non puoi andare avanti così Insardà»… Ed io, almeno per una volta, sono finalmente d’accordo con lui, specie sulla prima parte, sulla seconda non saprei dire a cosa alluda.
Disse: «Fai l’attrice, non puoi stare in Calabria, ermistro del froculo!»
Dissi: «Vero. E che devo fare?».
Disse (mentre, rapito e in estatica visione, barcollava a destra e sinistra che manco Rei Ciars al pianoforte): «Devi andare via da questo trasto frallo e drinco».
Dissi: «Nel senso che devo trasferirmi?».
Disse: «Ma certo, subito! E anche in modo sfrinziulante»
Sfrinziulante? Oh mio Dio… Non ho mai sfrinziulato in vita mia, non mi sento preparata. Fatto sta che consigliata dall’abile lettore sia dell’imprevedibile futuro che dei conti correnti dei clienti adescati con dolo, partii per l’eterna urbe.
Fu difficile all’inizio. Il viaggio, la nuova città, le luci intermittenti ravviva incroci (semafori li chiamano qui), le regole che pare dovessero essere rispettate (ma su questo non saprei dire, non frequento!), il biglietto dell’autobus da comprare (che poi non lo devi solo comprare, ma anche annullare. Ma io dico: mi compro il biglietto nuovo e lo annullo? Che sono pazza? In caso annullo quello vecchio ché non mi serve più… Infatti da allora non l’ho mai più annullato… Il fido santone Maccaus dice di non dirlo in giro ma io non vedo quale sia il problema).
Dicevo: la cosa più difficile fu però l’assenza di amici. Quelli con cui rubavi le arance al vicino che aveva l’erba più verde e gli agrumi più buoni; quelli con cui mettevi l’attack nella toppa della chiave delle case di quelli che ti davano fastidio perché invece della “Graziella” avevano la muntambaick; quelli che durante la messa erano gli unici a mettere la mano vuota nel cestino delle offerte e ritirarla piena… Come avrei fatto senza gli amici? Città nuova, vita nuova e dunque anche amici nuovi? Ma anche agenzia nuova, dovevo pur farmi lanciare nel mondo delle stars, no? Dunque per ottimizzare sui contatti e risparmiare sui regali di Natale, decisi di prendere un’agente che fosse anche un’amica e viceversa. Potenzialmente calabrese, perché capisse le mie necessità e mi accompagnasse nelle avventure di cui sopra in caso mi cogliesse qualche crisi d’astinenza da sommaria giustizia da bebi gheng di quartiere (quella che i perbenisti e superficiali chiamano impropriamente atti vandalici).
Ma il fido santone Maccaus me l’aveva detto: «Occhio a quello che fai ché ti arrestano».
«E come fai a saperlo? Lo vedi nel mio destino?»
«Secondo te io perché non esco mai?»
«Perché sei pigro»
«E invece no! Cioè sì, sono pigro ma non è per questo che non esco»
«E perché allora?»
«Perché sono agli arresti domiciliari. Non è possibile che io abbia la “Graziella” e papa Francesco la Papa-mobile. Sono anch’io un uomo di spirito, ho anch’io il mio popolo da guidare, pimpula!», disse buttando giù l’immancabile vodka panna e fragola, corretta con sambuca, che sempre lo accompagna. E se il popolo doveva guidarlo in queste condizioni, piuttosto che il palloncino gli avrebbero fatto la mongolfiera. Ma questo è un altro discorso. Dicevo: decisi allora che i nuovi amici sarebbero stati sì calabresi, ma con la fedina penale non dico intonsa, ma quanto meno non così compromessa da caricare il prelavaggio per lo sporco ostinato e prevedere pure un periodo di ammollo in candeggina e Napisan. Detto, fatto! Lo dice il saggio: «ognuno ha gli amici che si merita». Ed io questo mi sono meritata. Trovata l’agenzia, trovata l’amica, trovata la calabrese con un trascorso sano (tolta l’assicurazione della macchina scaduta nel 1999. E tolta anche la macchina, che è sua solo perché nessuno, a suo tempo, ne denunciò il furto).
Alessia dice: «venerdì a cena da me»!
Dico ok!
Dice: «va bene la pasta col salmone e filadelfia o altro? Ma quella mi viene benissimissimissimo».
Dico ok!
Dice: «che formato di pasta vuoi? Anzi fa’ una cosa prendi tu quella che preferisci».
Dico ok!
Dice: «ti piace il nero d’Avola? Anzi fa’ una cosa, col pesce serve il bianco, prendi tu quello che preferisci».
Dico ok!
Dice: «io non mangio il pane, se invece tu lo vuoi venendo passa al forno».
Dico ok (sono forse un po’ troppo accomodante. Ma di fatto se ti invitano a casa a cena, uno mette la casa, uno mette tutto il resto. E poi il fido santone Maccaus me l’aveva detto: «se vuoi essere una donna libera non devi mai dire di sì, mai… Devi sempre dire ok! È americano, fa più figo! E fa anche più perdosta cipriate ne dreudo del fillo»…). Arrivo a cena e la buona Alessia (devo trattarla bene ché oltre ad essere una mia cara amica è anche la mia agente, e non bisogna mai sottovalutarlo) ehm… volevo dire la buonissima Alessia, mi accoglie meravigliosamente a suo agio con la tutona di pail, rinforzata dalla flanella lavorata da telai a mano, e gli stivali col tacco. Penso: rientrando dal lavoro avrà dimenticato di togliere gli stivali o il pigiamone? Poiché sono maledettamente curiosa glielo chiedo (ma in realtà dovrei ricordarmi molto più spesso che buona creanza sarebbe farsi gli affari propri) e la buonissimissimissima Alessia mi risponde: «no avevo le olstar, ma appena sono rientrata mi sono cambiata per preparare la cena e ho messo i tacchi. Del resto non li metto mai, almeno quando sono a casa li uso sennò li butterò nuovi e mi sembra peccato». Ad ogni modo la cosa che mi ha reso perplessa assai non è stato tanto il tacco estremo sotto l’abbigliamento chescjual (nel senso proprio di “a caso”) ma il fatto che stesse preparando la cena… Ma se avevo tutto io! Poi ho capito: per accogliermi aveva predisposto due piattini: uno con le olive e uno per i noccioli. E nell’attesa di me quello con i noccioli si era riempito con conseguente svuotamento del primo. E quindi niente olive per me. E da lì ho deciso: Roma o non Roma, amica o agente, calabresi e non, dalla prossima volta, e per sempre, tutti a cena da me! Almeno nel trasferimento non prendo freddo.