Il re leone
È notte, nemmeno la luna rischiara l’abisso tropicale. Scendo verso il fondo, verso l’oblio. L’acqua calda e buia cela il mistero della vita solo per pochi attimi. Il leone mi si para davanti impettito e solleva la pinna dorsale per sembrare più grosso di quanto è. Mostra la criniera, lo spavaldo. Non mi fa certo paura, anche se non nego che, per spirito di preservazione, chiudo forte le mani intorno all’impugnatura dello scafandro. In qualche modo è riuscito nel suo intento intimidatorio.
Il pesce leone è una delle creature marine più affascinanti da osservare e fotografare. Non so perché sia stato chiamato così, ma poco importa: chi l’ha fatto ci ha azzeccato in pieno.
Appariscente con le sue pinne sfrangiate, i barbigli a merletto e il portamento altezzoso, lo trovo divertente e un poco sgraziato nel suo incedere.
La bellezza cela sempre il pericolo, le sue pinne dorsali sono come spuntoni intrisi di veleno, non ho certo intenzione di farmi pungere, stringo ancor più le mani. Perché diavolo si avvicini a me con così tanta insistenza, proprio non lo capisco!
Qualcosa mi sfiora il braccio, qualcuno mi solletica il capo, mi arrotolo su me stessa per controllare e ho un sussulto: il branco di re leone mi ha circondata. Non sembrano pericolosi, ma preferisco non sfidare la sorte: pinneggio con decisione per sfuggire all’assedio, ma, per un capriccio del destino, la torcia si spegne e solo un fioco bagliore in lontananza indica la via verso i miei compagni d’immersione. Una manciata di secondi, lunghi come ore, mi separa dal ritorno della luce, che esplode come un fuoco d’artificio illuminando a giorno intorno a me. Del re leone e del suo branco non vi è più traccia… o almeno credevo! Lui è di nuovo davanti a me, solo che questa volta ha il muso rivolto verso il fondo, proprio nel punto in cui la spira luminosa si concentra formando un ovale perfetto, con un movimento fulmineo protrude la bocca verso la sabbia e inghiotte non so che cosa. Rialza la testa e mi guarda ancora. Non mi piace, questo flirt subacqueo deve finire: va bene hai vinto tu, me ne vado. Il re leone ha vinto.
Non sembra intenzionato a lasciarmi andare, raggiunge di nuovo la luce, ecco cosa cerca: la luce!
Inizio a giocherellare con la torcia, e lo guido dove e come voglio, più che un leone sembra un micio che gioca con uno spot luminoso. Di nuovo la scena di caccia si ripete. Altro che orgoglio e fierezza, qui si tratta di opportunismo puro. Involontariamente gli sto procurando il cibo, quando la luce rischiara la sabbia, piccoli pesci fanno capolino dalla tana e lui se li mangia.
Ma da quando questi pesci hanno imparato a sfruttare l’uomo? È possibile che la nostra specie sia invasiva a tal punto? O forse questi pesci cacciano al chiaro di luna e, in assenza di questa, qualsiasi altra cosa funziona lo stesso?
Ho sempre visto l’opportunismo con una connotazione negativa, non avevo pensato che il mio punto di vista fosse così limitato. In natura, se non sei opportunista, muori di fame. L’evoluzione ci ha portato a essere così, a sfruttare le opportunità. L’uomo ha seguito la sua via, il pesce leone anche. Lui si nutre di pesci, noi non solo. Se non fossimo stati opportunisti, non saremmo mai sopravvissuti. Chi si sarebbe mai aspettato una tale lezione di vita da un pesce!?