Tutti questi stranieri
Racconto oggi un’emozione di pancia, semplice, tutt’altro che intellettuale. Quella di me alla fermata dell’autobus di primo mattino, ancora quasi addormentata, mentre mi incammino per recarmi al corso che mi impegna le giornate, quotidianamente. Si sa, quando uno fa le cose ogni giorno poi perde l’attenzione per i dettagli, perde la passione, la curiosità, avanza quasi alla cieca. E alla cieca avanzavo io: le cuffie nelle orecchie, la musica alta, il libro in mano. Quando il bus passa, ripongo le cuffie e mi metto a leggere, ma prima no: devo rimanere attenta, consultare la app che mi rivela i mezzi in arrivo, ideare di minuto in minuto il percorso che mi conviene di più. Poi il bus passa, chiarisco mentalmente come mi conviene muovermi e via: ci salto sopra. Il bus chiude le porte, fa per ripartire, lascia fuori una signora rom con una bambina per mano e riparte. Arriva un urlo, un urlo forte ed allarmato.
Mi volto: è un ragazzo africano, sui trent’anni o poco più, con uno zainetto in spalla e una felpa tinta unita. Urla, noncurante dello sguardo delle signore che gli stanno affianco, urla fino a che il conducente non si ferma e, senza alcuna voglia, riapre le porte per lasciar salire mamma e figlia rimaste fuori. Nel mentre, un signorotto seduto se la prende con un ragazzo apparentemente indiano o bangla, critica la presenza di “tutti questi stranieri”. Il ragazzotto non commenta: chissà cosa pensa, chissà se capisce, chissà se è ferito o se qualcosa di analogo, declinato in altra maniera, lo pensa anche lui. Il signore incalza. “Tutti questi stranieri”. Tutti questi stranieri, sì, ma tutto questo altruismo che sprigionano non lo vede? Tutta questa solidarietà, passa inosservata ai suoi occhi?
“Tutti questi stranieri” mi hanno fatto iniziare la giornata con un sorriso che nemmeno otto ore di lezione fuori Roma e lo stressante andirivieni da pendolare hanno strappato via. Ringrazio quell’urlo ad interrompere la quiete, perché mi ha strappato lo sguardo dal libro che stavo pigramente leggendo e mi ha fatto guardare un po’ quanto era viva anche quel mattino l’umanità.