L’egoismo che salva
Certo Ester, l’egoismo appartiene a tutti ed è, in qualche modo, anche una forma di salvezza. Ma è inutile coltivarlo pensando di non voler essere generosi nella storia d’amore che verrà. E’ inutile pensare di non voler investire in un sentimento per non essere devastati poi, quando quel sentimento non sarà più.
Perché ciò che inginocchia l’anima alla fine di un amore non è tanto l’impegno profuso, le speranze coltivate e disattese, i progetti organizzati e precipitati in macerie; ma quello che ti è stato donato e poi portato via. Non è la tua inutile bravura ad amare, ma la tua inconsapevole bulimia a ciò che ti investe e al quale tu non puoi sbarrare le porte. Le radici del dono sanno posizionarsi in profondità, subdole, e si incastrano come armando il cemento, sacralizzandosi con le tue stesse membra.
Sradicarle equivale a farne laceri brandelli, carne lisa che dallo squarcio aperto sanguina dolore. Le cicatrici che ne verranno saranno la dimenticanza. Crederai di non dover più amare e forse non amerai, e sarà quello l’inizio dei tuoi mali. Non potrai mai arginare la tempesta di sensi che vorrà travolgerti quando qualcuno sceglierà te come propria meta. E ti illuderai di poter sopravvivere a qualsiasi intemperia perché starai guardando con sufficienza a quello che ti starà succedendo. Ma avrai ancora una volta fallito. Perché non è non amando che si sconfigge la sofferenza, non è ignorando i moti cerebrali che esimi te stesso da un’eventuale, postuma, distruzione. Ma è amando due volte tanto che sopravviverai, ché se subissi l’abbandono avresti così tanto amore in corpo da proteggerti da ogni recriminazione, da ogni senso di colpa, da ogni desiderio di vendetta e dalla possibile aridità che il malato senso di non amare più porta con sé. E’ solo amando che ti salvi. Amando soprattutto il tenace modo che hai di farlo.