Empatia da bar (l’amico potenziale)
Me ne sto con la mia cartelletta in prossimità di una fermata del bus. Mi hanno assegnato questo compito, che da spiegarvi non è manco facile e, anzi, tutto ciò è abbastanza fuorviante, ma insomma sì, in poche parole devo controllare che gli autobus passino in orario in quella precisa postazione
Torvo, osservo i tomini in fila sul limitare del marciapiede e che non s’azzardasse, Signora, a guardare il sottoscritto.
Trovo rifugio in un bar. La cameriera trotta da una parte all’altra del bancone e nelle brevi pause gioca d’astuzia con la clientela: la chioma costantemente ravvivata, l’occhiale a farfalla, nonostante, tiro a indovinare, abbia la vista di un’aquila, la smorfia voluttuosa che non viene negata a nessun avventore. Un Campari, grazie, e non me ne voglia il mondo se l’orario è più consono a una tazzona dalla schiuma bianca con un bel cuoricino di cacao a confezionare il tutto. Si, una fetta d’arancia la gradisco, madamoiselle, non fosse altro perché la cesta degli agrumi sta alle sue spalle e per affettare il tarocco dovrà quindi mostrarmi quello che si preannuncia un sinuoso mandolino. Ma, ahimè, una fetta spunta da sotto il bancone e grazie mille, sarà per un’altra volta.
“Il fatto è che il mondo oggi è un po’ tutto così, insomma è tutto, come dire, veloce, una trottola ecco”, argomenta un tipo seduto sullo sgabello a non più di un metro dal sottoscritto. Ha un piumino vernice blu, un capello vagamente alla moda, una barba curata ma poco fitta, orecchino sul lobo sinistro e viso regolare. Forse il naso, per lo meno importante, è l’unico elemento che ripudia la conformità. Non gli darei più di venticinque anni. Aguzzo le orecchie. “Vedi” – continua – “ora tu immagina una trottola. Non ci sono punti di riferimento. Metti pure che a te venga in mente di segnare un punto sulla sua superficie, sì, un punto fisso da seguire durante il suo movimento. Cosa ne ricavi? Nulla! Una volta partita, tutto
Un Campari, grazie, e non me ne voglia il mondo se l’orario è più consono ad una tazzona dalla schiuma bianca con un bel cuoricino di cacao a confezionare il tutto.
Chiedo il conto alla smorfiosa. Faccio per scendere dal bancone, ma poi ho il lampo di genio: la scatola di fiammiferi. Quella mi guarda strano e mi dice che non sa se li tiene, ma io gli indico lo scaffale alle sue spalle. Deve solamente voltarsi, stirare il corpo e allungare il braccio un mezzo metro sopra la capa. Alla fine, mio caro amico-potenziale io la trottola l’ho fermata. Basta attendere il momento gusto. E che trottola. Sissignore.