Orata d’oro
“Ogni orata vale tanto oro quanto pesa”, mi confidò l’operatore subacqueo prima di scendere in acqua.
“Ogni giorno m’immergo sull’impianto, faccio il giro delle gabbie, dal fondo verso la superficie, controllo che non vi siano buchi, i pesci che stanno fuori vogliono entrare e quelli che stanno dentro vogliono uscire”.
È la solita storia: l’erba del vicino è sempre la più verde.
Non so davvero che cosa aspettarmi da quest’immersione: come si comporteranno i pesci? Seguiranno i soliti schemi o la cattività li ha cambiati? L’operatore si avvicina alla rete, taglia una fascetta e apre una cerniera. S’infila nell’apertura e tiene aperti i lembi dello squarcio per farmi passare. Appena dentro mi trovo nell’occhio del ciclone.
Un forte ronzio mi disorienta, non riesco più a mantenere l’assetto, precipito sul fondo della rete, vorticando insieme ai pesci. Sono centinaia, migliaia. Lampi d’oro alla luce dei flash, difficile dare un senso alla scena, tutto è puro caos.
Devo fermarmi e tirare il fiato. La frenesia ha catturato anche me nelle maglie della sua rete. Chissà quale istinto porta le orate a nuotare in tondo, non fuggono nemmeno le mie pinne, che continuano a sbattergli sul muso.
Percepisco la frenesia alimentare, l’energia accumulata nel vortice sta per scatenarsi, la tempesta è in arrivo, gocce rosse cadono dall’alto come pioggia di sangue. L‘eccitazione esplode selvaggia, la guerra per il cibo è iniziata, come se fosse l’ultima prima della morte.
Ce n’è per tutti ma loro non lo sanno. Sfrecciano come fulmini, di nuovo lampi d’oro, quasi mi accecano. Mangiare è ciò che conta, ancora una volta, perché potrebbe essere l’ultima prima d’esser mangiati.