Psycho, la differenza tra suspence e sorpresa
Torniamo nel 1960, anno di uscita di Psycho di Alfred Hitchcock. Un film che non avrebbe bisogno di presentazioni. Quanti di voi vedendo questa immagine penserebbero: “ Ah, sì, quella della doccia!” ?
Immagino parecchi; basta pensare alle innumerevoli citazioni, remake e parodie che sono state fatte, tra le quali quella dei Simpson.
E sappiamo bene che quando qualcuno o qualcosa viene citato nei Simpson vuol dire che ormai fa definitivamente parte della cultura popolare.
Il punto sul quale mi vorrei soffermare è l’importanza della differenza tra sorpresa e suspence.
Mesi fa decisi finalmente di vedere Psycho. Di notte, da sola, in una stanza buia e via. Mia madre, incuriosita, si aggiunse praticamente a metà film, ma dopo il famoso episodio della doccia già mi disse: “Io ho capito come va a finire”. Devo ammettere che rimasi sorpresa perché in realtà aveva ragione, aveva davvero indovinato il finale, (cosa che in genere faccio io!).
E’ proprio su questo che mi voglio soffermare. Cosa succede nello spettatore quando capisce la soluzione dell’enigma, il finale di un film, prima della fine?
In Psycho la soluzione dell’enigma è fondamentale. Il film ci racconta la storia di Marion, una segretaria che scappa dopo aver rubato una grossa somma di denaro sul posto di lavoro. In fuga in automobile, decide di fermarsi a un motel, il Bates Motel, dove il proprietario Norman Bates la accoglierà per un breve soggiorno, in quanto la povera Marion verrà brutalmente uccisa nella famosa scena della doccia.
Chi ha ucciso Marion?
Ebbene, forse già dalla breve trama che ho tracciato avete capito la soluzione dell’enigma.
E allora perché utilizzare 109 minuti del nostro tempo per vedere Psycho?
Risponderò a questa domanda riportando le parole di Hitchcock di un’intervista rilasciata a Truffaut:
“La differenza tra suspence e sorpresa è molto semplice e ne parlo spesso. Tuttavia nei film c’è spesso confusione fra queste due nozioni. Noi stiamo parlando, c’è forse una bomba sotto questo tavolo e la nostra conversazione è molto normale, non accade niente di speciale e tutt’a un tratto: boom, l’esplosione. Il pubblico è sorpreso, ma prima che lo diventi gli è stata mostrata una scena del tutto normale, priva d’interesse. Ora veniamo alla suspence. La bomba è sotto il tavolo e il pubblico lo sa, probabilmente perché ha visto l’anarchico mentre la stava posando. Il pubblico sa che la bomba esploderà all’una e sa che è l’una meno un quarto – c’è un orologio nella stanza -; la stessa conversazione insignificante diventa tutt’a un tratto molto interessante perché il pubblico partecipa alla scena.
Gli verrebbe da dire ai personaggi sullo schermo: “Non dovreste parlare di cose banali, c’è una bomba sotto il tavolo che sta per esplodere da un momento all’altro”. Nel primo caso abbiamo offerto al pubblico quindici secondi di sorpresa al momento dell’esplosione. Nel secondo gli offriamo quindici minuti di suspence. La conclusione di tutto questo è che bisogna informare il pubblico ogni volta che è possibile, tranne quando la sorpresa è un twist, cioè quando una conclusione imprevista costituisce il sale dell’aneddoto.”
In parole povere, non esitate a vedere un film come Psycho.
Quando mentre vedete un film – un buon film – avete già intuito il finale, sarà la tecnica e la bravura del regista a farvi rimanere attaccati alla poltrona, regalandovi un’ora e mezza di suspance, di tensione, insomma, di quell’emozione un po’ voyeuristica tipica del cinema del “vedere come va a finire” che non ha eguali.