La dea del fiume
Mi sovrasta a braccia aperte accogliendomi benevola, è generosa oggi la dea del fiume. Il freddo mi attanaglia la testa. Solo una grande fantasia può farmi scorgere in macchie di particolato trasportato dall’acqua una figura di donna, dai lunghi capelli e forme voluttuose.
È solo questione d’un attimo e fugge via, trascinata dalla corrente a cui tende la mano.
Resto lì con lo sguardo incantato o forse impallato; in fondo che c’è di male nel sognare a occhi aperti, come quando da bambina stavo sdraiata sull’erba d’un prato a guardare le nuvole, associandovi le figure più bizzarre. Chi non l’ha mai fatto alzi la mano o taccia per sempre!
Sono le otto del mattino, e solo un pazzo, agli occhi di un non subacqueo, s’immergerebbe nelle gelide acque del fiume Verzasca, in Ticino, la Svizzera italiana. Alzo lo sguardo verso la superficie per osservare il sorgere del sole all’interno della stretta valle: tra poco i suoi raggi faranno capolino da dietro il roccione che si erge a pilastro del ponte romano sovrastante.
Perché sono qui? Potevo restarmene a casa, ho anche uno strascico d’influenza. Ho le mani intirizzite, il viso ha perso sensibilità. Lo sapevo a priori che sarebbe stato così, a fine ottobre in alta montagna, eppure non ho resistito, perché non ce la faccio più a guardare uno specchio d’acqua, fiume o mare che sia, dalla superficie. Io devo guardarlo da sotto a sopra. Il mio mondo d’acqua è fatto così: messo al contrario!
Voglio vedere le lame di luce squarciare la cortina trasparente, fredda come il cristallo, voglio godere del suo calore avvolta dalla purezza dell’acqua di ghiaccio. Mi sento rinata.
Nuoto nell’acqua densa, contro una leggera corrente; m’azzardo poi a oltrepassare il ponte: non ci sono mai riuscita prima d’ora, ma la dea del fiume oggi mi concede tutto ciò che desidero, persino un gruppo di gentili subacquei germanici che si offrono di pulirmi i sassi da quella fastidiosa, seppur naturale, lanugine organica che vi s’è depositata sopra.
Incredibile: noi bipedi mammiferi subacquei d’acqua dolce o salata non facciamo distinzioni come nel mondo di superficie, siamo tutti dello stesso colore. Fuor d’acqua possiamo parlare mille lingue diverse ma in immersione parliamo tutti la stessa, fatta di gesti e versi primitivi. È un po’ tornare bambini, come in un grande grembo materno. Tutti figli suoi, tutti sotto l’abbraccio di un Dio diverso: la dea del fiume.