L’amore ai tempi del Tango
Fu in una sera umida e calda del primo autunno, mentre mi trovavo come al solito a dovermi allontanare da grane casalinghe. Senza mezzi per fuggire né idee con cui affrontare il rientro a casa, i tavoli del cafetín mi regalavano ancora la ricchezza di quella sua essenza fatta di partite di carte e biliardo, nonché di chiacchiere accompagnate di vino e gin, che presto diventavano storie. Sotto un manto di penombra, gli ospiti si aggruppavano per giocare, parlare, oppure stare insieme in silenzio, senza mai guardarsi, risucchiati dai loro ardori. E purtroppo, assieme ai vecchi brani di tango risuonati da una radio mal sintonizzata, c’era il filo di un dialogo disperso ad intrattenere a tutti poiché percorreva ricordi lontani di un unico luogo in un tempo ormai difficili da fissare. Ognuno lo aveva in mente e sentiva ancora la presenza dei suoi protagonisti, quelle figure trasformate in miti, gli ospiti di una volta che tutti, alla fine, saremo diventati.
Sobrio e instancabile lavoratore, Bartoli non sarebbe mai stato habitué dei festini di Farías se non fosse stato l’andare a “dare un’occhiata” che gli proponeva il suo inseparabile cugino, quel rastrellatore di eventi malfamati e risse notturne che aveva assunto, commosso dalle lacrime di sua mamma e sua zia, come suo forzoso impiegato lazzarone. Ma una volta da quelle parti, il destino fu troppo forte davanti a Bartoli, che al cafetín lo si vedeva abbandonare i bicchieri dopo il primo sorseggio, facendo scoppiare gli scherni dei padroni del tavolo di biliardo. Poiché, a dir vero, dal momento in cui la Mora lo strinse determinata a portarselo via, Bartoli, estasiato dalle curve marcate perfino sotto quel vestito di stoffa ruvida e quei occhi e lisci capelli scuri fino all’impossibile, perse per sempre le redini della sua vita.
Dopo aver assaggiato il contatto del suo corpo zeppo di femminile scaltrezza, furono pochi i sorrisi e le parole dolci che bastarono a far si che Bartoli si inginocchiasse per chiederle di sposarla. Essendo un uomo destinato ad un solo amore ritenne spropositato il consiglio materno, e contraddicendolo, scelse di accontentare dall’inizio tutti gli strampalati desideri della Mora. La segui perfino nei posti più bizzarri dove lei volle intraprendere la sua fantasiosa avventura di farsi riconoscere come la Doña che mai fu, ignorando da sempre che questi spostamenti andavano dietro a qualcun altro. Ma, un giorno, senza che lui lo avesse nemmeno percepito, lei sparì lasciandolo orfano e sconvolto.
Sembra che sia rientrato in città dopo mesi di pianti continui per chiedere qualche consiglio a Farías, che non ebbe paura di suggerirgli quanto già (sembra) aveva detto una sera a Cristián Nilsen. Eppure, Bartoli non fu mai di quello spirito impavido, ne aveva ormai i mezzi per incontrare un altro. E così partì, chissà per dove, a cantar per le strade le canzone che non seppe mai imparare – concluse “el Fino”. Intanto, si sentiva un vecchio tango…
—
“…y herida por un sable sin remaches, ves llorar la biblia contra el calefón…” L’immagine di una Bibbia che pende da un gancio accanto allo scaldabagno non è affatto una fantasia dell’autore e nemmeno una metafora: la mancanza di carta igienica portò due mondi lontani a stare uno accanto all’altro.