Ridateci la merendina
Merendina è un sostantivo davvero caruccio. Già il termine merenda evoca l’infanzia, perché solo chi ha conservato lo spirito fanciullesco la considera sacra e inviolabile, ma quel diminutivo aggiunge un innegabile tocco di tenerezza.
Così recita il vocabolario Treccani:
merènda s. f. [lat. merĕnda, gerundivo neutro pl. di merere «meritare»: propr. «cose da meritarsi»]. – Breve e leggero pasto che si fa tra il pranzo e la cena, generalmente con cibi non cucinati, soprattutto da parte di ragazzi, e talvolta, in gite e scampagnate, anche di adulti.
merendina s. f. [dim. di merenda]. – Dolcetto, brioche o altro alimento confezionato di produzione industriale, destinato spec. alla merenda dei bambini.
Insomma: bambini, meritarsi, gite e scampagnate, dolcetti. Ricordi di un’infanzia abbastanza lontana da potersi definire beata. Se Proust fosse vissuto cento anni più tardi, di sicuro non avrebbe parlato di pétite madeleine nella sua Recherche, ma semmai di una Girella, o di una Fiesta. O, considerando lo spirito un po’ radical chic, di qualche barretta biologica ai cereali.
Eppure quel termine, merendina, pare oggi assai poco lecito e romantico. Sta un po’ a emblema del bimbo obeso-viziato-pigro, che, udite udite, mangia pure davanti alla televisione. Per non parlare dei grassi insaturi e idrogenati, che solo per il loro rimando alla fisica mettono paura. E l’olio di palma! Quello è veleno allo stato puro, ché le palme non sono nemmeno più di moda sulle spiagge, figuriamoci in un tegolino del Mulino Bianco.
Le mamme si sentono in colpa e cominciano a sostituire cioccolata, ciambelline e patate fritte con succulenti spicchi di mela già sbucciata e lasciata imbrunire nella carta stagnola. O con croccantissimi crackers non salati in superficie che fanno venire l’acquolina in bocca solo a nominarli. Dura una settimana. Poi muoiono i pesci nella fontana della scuola elementare. E si scopre che hanno fatto indigestione di crackers (non salati in superficie). E nei cestini al posto della tempera delle matite ci si trovano tristi tristi gli spicchi di mela pieni di vermicelli felici felici.
Per questo l’industria dice basta ai bambini affamati e alle mamme tormentate: più latte e meno cacao, vitamine A-B-C-D-E-F-G-H-I…Z, il tutto lievitato naturalmente e impacchettato ancora caldo. Golose e sane prelibatezze da consumare in mezzo a un campo di grano, mamma e figlio mano nella mano. Oppure consegnate all’ora della ricreazione direttamente dalla mucca con il grembiule. Perché: la merenda per la scuola, come lei ce n’è una sola. Per non parlare della moralmente ineccepibile dinamica di gruppo: i flauti al cioccolato aiutano il piccolo nerd a superare la prova d’iniziazione e i bulletti nonnisti lo accolgono nella loro casa sull’albero. Grazie Antonio Banderas.
E poi adesso si può davvero stare tranquilli. Sull’etichetta è scritto tutto: ingredienti (certo bisogna vederci molto bene, ma ci sono scritti), valori nutrizionali e provenienza. Il tutto lasciato alla libera interpretazione del singolo e ancor più alla sua abilità matematica. Infatti sapere la quota di nutrienti per 100gr aiuta un sacco se le monoporzioni all’interno della confezione sono da 35gr. State pur certi che qualsiasi mamma non snaturata troverà il tempo e la concentrazione – mentre fa la spesa al supermercato con i figli alle calcagna che la intimano a mettere nel carrello l’intero scaffale! – di calcolare la quota per ciascuna merendina. Lo stesso discorso vale al contrario: originalissimi concetti di porzione lillipuziana, come quei 10gr di cioccolata, che ovviamente hanno pochissime calorie: ma spiegate a vostro figlio che di una barretta da 50gr ne può mangiare solo un quinto!
Ad ogni modo, la merendina non si tocca. L’hanno detto anche i consiglieri comunali dell’opposizione, che a Piacenza si sono ribellati alla crudele decisione del sindaco: abolire la merenda fornita dalla scuola materna comunale. Il motivo era risparmiare su una spesa che, a detta dei fautori del provvedimento, era totalmente inutile. Infatti, nella maggior parte dei casi, i piccoli non riuscivano nemmeno a consumarla, la merenda; troppo poco il tempo tra la fine del riposino e l’ora di tornare a casa. I consiglieri però hanno politicizzato la questione, facendone bandiera di partito contro l’affamaggio dei bambini.
E’ evidente che ci troviamo di fronte a un dramma epocale: Kinder o Mulino Bianco? Duplo o Bueno? Dolce o salato? Visto che ormai parlare di fame nel mondo è demodé, il prossimo summit internazionale della Fao affronterà queste – decisamente più allarmanti – questioni.