Un Chien Andalou, “ma non ha senso!”
Prima di tutto, non aspettatevi nessun cane andaluso perché non apparirà mai nel film.
Ho visto per la prima volta Un Chien Andalou un paio di mesi fa, senza avere la minima idea di che cosa trattasse. Sapevo che era stato scritto da Luis Buñuel e Salvador Dalì, che a pensarci bene come avvertimento doveva bastare.
Prima sorpresa: mentre mettevo il dvd nel lettore, mi sono resa conto che il film non era un lungometraggio, ma durava solamente 17 minuti. E io che pensavo di passarci tutto il pomeriggio.
Seconda sorpresa: il surrealismo puro del film.
Vi dovrei aver già convinto a vedere Un Chien Andalou quando ho detto che dura solamente 17 minuti, o almeno dovrei aver convinto i lettori più pigri, ma cercherò di farvi capire l’essenza surreale del film.
Scena iniziale. A ritmo di un coinvolgente tango argentino che tornerà a farvi compagnia più volte durante il film, un uomo, interpretato dallo stesso Luis Buñuel, taglia l’occhio di una donna con un rasoio. Una scena destinata a diventare un cult, interpretata quasi all’unanimità come l’immagine del regista che taglia l’occhio dello spettatore, e lo forza a vedere ciò a cui non è abituato.
Il resto del film è un susseguirsi di scene oniriche apparentemente ordinate da descrizioni temporali (otto anni dopo, sedici anni prima) ma in realtà scoordinate e ricche di elementi intratestuali.
Buñuel e Dalì scrissero la sceneggiatura in meno di una settimana, avendo come unica regola quella di non accettare immagini in grado di dare una spiegazione razionale, psicologica o culturale.
Protagonisti di questa – forzatamente definita – storia sono un uomo e una donna, vittime di una forte attrazione sessuale. Vittime perché l’attrazione è collegata anche alla morte. Non è un caso che, dopo aver visto una donna misteriosa investita da un’automobile, l’uomo, sempre accompagnato dal tango argentino, cercherà di catturare la donna in un cieco gioco di seduzione animalesca. Dopo averle palpato avidamente i seni – a tal proposito il film fece scandalo, vi ricordo che siamo nel 1929 – per conquistarla dovrà trainare due tavole simili ai Dieci Comandamenti, due pianoforti con due asini morti e due preti, il tutto legato da una fune. E’ difficile, in particolar modo in questa scena, non dare una spiegazione razionale, psicologica o culturale alle immagini: la metafora dei freni imposti dal potere clericale è palese, e Buñuel durante tutta la sua avrà non pochi problemi con la Chiesa per la sua indole anticlericale.
Accompagnati dalle musiche di Richard Wagner e il già nominato tango argentino, Un Chien Andalou propone una serie di scene oniriche in cui peli ascellari si trasferiscono sulla bocca e formiche escono copiose dalle mani.
Ma se da una parte le immagini di Un Chien Andalou sono affascinanti proprio perché surreali, dall’altra soffiano sui volti perplessi degli spettatori una inevitabile brezza di paura.
Non tanto perché si vede un occhio tagliato da un rasoio, o una mano amputata che brulica di formiche, quanto perché sono fotogrammi privi di senso. E se c’è una cosa che spaventa a morte, è la mancanza di senso.
Prendetevi allora 17 minuti e guardate Un Chien Andalou senza cercare di attribuire per forza un significato alle scene. Lasciate stare interpretazioni e psicoanalisi. Almeno per una prima visione godetevi solo la magia delle immagini in tutto il loro stupendo surrealismo.
Per vedere il film basta cliccare qui. Cosa aspettate?