Budapest, fastosa e fatiscente
“La Parigi dell’Est”, la chiamano. E io, innamorata persa della Parigi vera, non volevo crederci.
Sono stata a Budapest un po’ per caso, trasportata dall’entusiasmo altrui, inglobata in un viaggio di cui per una volta non ero l’organizzatrice principale. Ho così scoperto, quasi senza volerlo, la fiducia nei ricordi degli altri, che in quelle due rocche di Buda e Pest erano già stati, che la Sacher alla pasticceria dove si dice andasse la principessa Sissi l’avevano già assaggiata, che quella freddezza di facciata, tutta ungherese, l’avevano testata già.
Mi sono lasciata guidare fino al Bastione dei Pescatori, che medievale sembra ma non è, fra quelle alture che mi suonavano un po’ come una Montmartre traslata altrove e ho pensato che sì, forse qualcosa di Parigi c’è.
Ho così scoperto, quasi senza volerlo, la fiducia nei ricordi degli altri
Mi ha colpita una cosa, rispetto ai locali che siamo abituati a vedere in Italia: all’Instant c’erano tutti. Ventenni, trentenni, quarantenni, cinquantenni… La sicurezza fuori mi ha allarmata per un attimo, poi mi sono fatta coraggio, sono entrata, ho trovato la calma assoluta, le signore a occuparsi del guardarobe, della ristorazione e delle toilettes, e ho capito che quei security volevano soltanto garantire ai clienti una serata serena. Perché, questa la mia impressione, la serenità e la quiete sono per gli ungheresi imprescindibili. Le strade silenti, le persone che si camminano fianco a fianco senza sfiorarsi, quella discrezione che può essere malinterpretata da noi italiani, abituati a una ridondanza un po’ manierosa -o viceversa troppo confidente, secondo i casi- nei confronti degli ospiti. Forse anche questo è un tocco parigino portato al culmine.
Il Book Cafè, quando lo si trova, sembra urlare “Sorpresa!”
E poi i caffè, quei caffè di Budapest che sembrano palazzi ma che palazzi non sono e rimangono accessibili a tutti perché le torte costano un paio di euro per fetta. C’è Ruszwurm, c’è la più cara Gerbeaud – dove il prezzo si alza di molto, a meno che non si approfitti del take away di minimo due fette di torta, che permette di gustarle a tre euro, e la loro Sacher se li vale tutti – , ma anche il meno noto Book Cafè, una meravigliosa cattedrale nascosta al piano superiore di una quasi anonima libreria. Il Book Cafè, quando lo si trova, sembra urlare “Sorpresa!”. Sì: Budapest è tutta una sorpresa ed è stato bello visitarla così, senza averne già la mappa tracciata in mente.
Lasciarsi meravigliare dallo spirito romantico del Danubio visto dall’alto di Buda e promettersi di tornarci per dare il bacio appassionante che la visione evoca. Ascoltare il coro la domenica mattina nella Basilica di Santo Stefano, con l’organo e i violini che suonano a piene note nella chiesa gremita di gente, e per un attimo lasciarsi rapire dall’evocazione di meraviglie cosmiche, laiche o religiose che le si voglia immaginare.
Gustare un langos con formaggio e panna acida sotto la ruota panoramica fra i mercatini. Che sì, mi hanno ricordato i Marchés de Noel di Parigi e quegli Champs Elysées gelidi e la loro ruota panoramica. Ma bando a queste connessioni automatiche: Budapest è Budapest, fastosa e fatiscente, gelida nelle apparenze, stilnovistica donna austera che sembra rifiutare le avances ma che proprio per questo continua ad attrarre a sé. Meraviglia.