Biblioteca delle Oblate, quando lavorare è un piacere
E se all’improvviso mi trovo a Firenze e non ho la connessione? Niente panico, connessione free alla Biblioteca delle Oblate, ma non solo…
Il lavoro che faccio io è di quelli che non ti danno tregua, non hai ferie, vacanze, busta paga e tante altre cose, lo sa bene la Francesca Zelli. Io scrivo non per uno, ma per tanti editori, e mi sento come il povero Arlecchino del Goldoni. Capita però che delle volte ci siano degli imprevisti, o delle priorità, come una visita di controllo a Firenze.
Per me questa città è sempre un piacevole spunto, ci ho scritto buona parte della tesi, ho in generale dei bei ricordi legati al suo splendido centro storico e ci torno sempre molto volentieri. Anzi, quando abitavo a Roma un salto a Firenze era quella boccata d’aria fresca che mi ridava la carica per affrontare il caos della capitale.
Tornando al quid, mi trovo a dover partire proprio in un momento in cui devo consegnare diversi articoli, che il fine mese è tempo di scadenze. Devo consegnare due pesanti serie di recensioni sull’India e sul Vietnam, una mole di lavoro che, se fossi stata a casa, avrei potuto gestire facilmente. Però no, devo partire e sperare che la connessione di chi ci ospiterà non faccia le bizze. Io sono sempre legata alla connessione e sono molto poco tecnologica, quindi non ho un cellulare o un tablet che mi salvino le chiappe in extremis. Ho un notebook di 8 anni fa che è allo stadio terminale e una chiavetta internet di 4 anni fa che funziona col criceto pedalatore.
Un viaggio a Firenze per una visita diventa un’occasione per lavorare nella Biblioteca delle Oblate, con vista fronte Duomo
In queste condizioni cosa posso fare se non sperare e confidare nella clemenza altrui e nella bontà del fato? A casa degli zii tutto ok, la connessione va, ce la faccio, nonostante il caos di bambini urlanti (compreso il mio) che corrono e giocano, ma ormai ho raggiunto una capacità di estraniamento che mi permette di lavorare anche appesa per gli alluci nella tana delle tigri.
Una volta fatta la visita al bambino penso di potermi finalmente godere la città, fare un salto in centro e strafogarmi di waffel, e vaffel alla linea, per una volta me ne frego. Invece no, mi arriva un altro carico di lavoro di un editore a cui proprio non posso dire di no. Che fare, Firenze o il vil denaro? Ovviamente propendo per la seconda, ché in giro a Firenze senza il vil denaro si fa ben poco. Ci trasferiamo, intanto, a casa di amici. Casa fantastica, amici accoglienti come sempre, bambine meravigliose che inglobano nel loro “cerchio della fiducia” il mio. Che dire, felicissima. Accendo il PC, penso di potermi sbrigare in una mezz’ora e finalmente dedicarmi alla città ma, tadàn! Non c’è connessione. Manca la connessione. OMG! (Ok, volevo sentirmi per un minuto giovane) .
Soluzione A: un hotspot col cellulare del mio compagno alla modica cifra di 4 euri; soluzione B: lavorare offline e poi confidare nel futuro; soluzione C: andare alla Biblioteca delle Oblate, poco lontana da casa. Opto per la terza soluzione, farfugliando insulti pesanti alla sfiga che mi viene a trovare sempre quando ho le scadenze e sono nel delirio. Ma va bene, fa nulla, farò finta di dover studiare, anche se detesto mescolarmi ai ragazzetti dell’università. Arriviamo e trovo un tavolino all’aperto in una terrazza magnifica e hop! Invece di essere circondata da matricole, finisco nel regno dei fuori corso incalliti, e mi sento a casa.
Ordino un té ai frutti di bosco. Il sole inizia a calare. Le ombre scivolano silenziose sul pavimento. La cappella del Duomo sembra ricordarsi di me e mi saluta. Le strizzo l’occhio e le prometto che ci rivedremo presto. Inizio a scrivere l’articolo. Le parole mi vengono così, come se qualcuno me le stesse dettando. No, non sono stata posseduta dallo spirito del buon Dante, semplicemente quando il luogo è accogliente lavorare diventa piacevole. Sorseggio il té caldo e mi guardo attorno mentre penso che dei biscottini ci sarebbero stati proprio bene. Mi sembra di tornare indietro ai tempi della laurea.
Penso al destino che mi ha fatto rischiare di vivere a Firenze, ma che all’ultimo minuto ha cambiato idea e mi ha spedita a Roma. Penso che vivere lì sarebbe stato magico, tra arte, cultura, amici e locali. Peccato. Questione di sliding doors.