Incontri ravvicinati di ogni tipo in quel di Melbourne
Primo week-end nella nuova casa, a Melbourne. Ora incerta.
Sorriso sardonico. Penso a come l’ironia della sorte a volte faccia veramente ridere… ma ridere per non piangere. Ho finalmente trovato una casa per i primi mesi a Melbourne, senza dover pesare su nessuno, ho cercato e ricercato per giorni, andando a vedere tutto quello che www.gumtree.com.au avesse da offrire. Chi non conoscesse gumtree ci faccia un salto, così capisce di cosa sto parlando. Ho parlato con proprietari, agenzie, di tutto e di più, e alla fine ho trovato un posto abbastanza alla portata delle mie povere tasche, e con me ho dato un tetto sulla testa ad altre due ragazze italiane arrivate qualche giorno fa. Le conoscevo di vista, ora le sto conoscendo meglio… Sospensione del giudizio. Cartesio, ti adoro.
La parte ironica deve ancora arrivare tranquilli, la svelerò tra poco. Dopo l’ultimo sfogo dettato da tristezza mista a rabbia, malinconia, paura di non farcela, e rassegnazione ci mancava questo: lo schiaffo a cinque dita dato da una generazione a cui io non sento appartenere e che, per quanto poco divario in termini di anni effettivi ci sia, mi presenta il conto per tutte quelle volte in cui ho voluto prendere le distanze da gruppi e agglomerati di giovani che, cercando di comportarsi da alternativi e amichevoli, non fanno altro che ricreare una cerchia ristretta di persone che cercano di livellare le loro personalità assumendo certi ideali comuni come stendardo.
Ma perché? Dov’è una personalità vostra, unica, impareggiabile? Perché dover far parte di questo o quel gruppo? Eh, noi backpackers facciamo così. Dall’altro lato invece “noi che cerchiamo un futuro solido economicamente parlando, vogliamo andare a vivere in centro nella zona dell’élite”… Immaginatevi la scena dove ci sono io in mezzo a gruppi di persone, che mi volto nervosamente prima a destra, poi a sinistra, poi di nuovo a destra e così via, per tenere il passo con le varie “trombe” che mi suonano nelle orecchie.
E’ fantastico, poi, come a fare da cornice a tutta questa confusione d’idee e disordine mentale, ci siano i quattro muri che adesso sono diventati la mia nuova dimora, qui a Melbourne: una ex prigione ristrutturata e sistemata per farla diventare un appartamento per studenti o giovani lavoratori. Ora, io dico, me ne vado da un carcere fittizio, creato da una società che opprime e non seleziona, passo attraverso una galera per l’anima, bianca senza stimoli, e carambolo dentro un bugigattolo vero e proprio, scelto con fatica e sudore, proprio dalla sottoscritta? Alanis Morissette, se mi conoscesse, aggiungerebbe le mie avventure come parte del testo della sua Ironic, ne sono certa.
Non bastasse, la casaprigione ha causato qualche problema di convivenza che mi vede costretta a stringere i denti e proseguire a testa bassa per non inciampare in incidenti “diplomatici”, anzi, credo sia soprattutto per preservare l’integrità della mia sanità mentale e per non ledere quel poco di spirito sognatore e romantico che mi è rimasto.
Ci pensa la natura a farmi da supporto morale.
Come? Mandandomi un opossum dentro la cappa dell’aspiratore della cucina. Io, che ovviamente non ho mai visto un opossum prima d’ora, dopo aver per sbaglio aperto lo sportello del mobile-cappa, rimango sgomenta nel vedere del pelo di un animale che assomiglia ad un riccio gigante. Gridolino di paura, ma ancora non vedo dove sia la coda, se esiste una coda, e dove sia la testa. Mi sposto piano per cercare di vedere meglio e scorgo un occhio tondo immenso che mi fissa terrorizzato.
Ok, penso, non è un riccio mutante, sembra quasi un gatto, anche per le dimensioni. Bene, siamo a Melbourne, nella terra australiana, e se fosse uno dei loro animali strani? Mi ricordo di averlo visto da qualche parte, ma al momento non mi sovviene che nome possa avere. Non so se attacca, se ha artigli, unghie, denti, se è pericoloso o se sia docile. Attimo di panico, prima di decidermi a chiedere aiuto ai vicini, anche perché, stando nella cappa, non vorrei che morisse l’animaletto a causa della mia fifa, dopo essere rimasto senza cibo e acqua incastrato nella mia cucina.
Gentilissimi ragazzini brasiliani, in Australia per studiare all’Università mi chiedono se sono solita incappare in certe situazioni, e capiscono subito che devo essere una sfortunata cronica. Ridono di gusto e mi dicono che è l’opossum più grande che abbiano mai visto e, soprattutto, che non hanno mai sentito di situazioni in cui questi esserini si siano avvicinati alle case della città, rimanendo sempre nei parchi e negli spazi verdi.
Ma ragazzi, adesso in Australia ci sono io: aspettatevi un Natale con la neve. La storiella dell’opossum finisce con il ragazzo che cerca di estrarlo dal mobile sopra i fornelli, non riuscendoci perché l’animale si aggrappa al filo dell’aspiratore, ma almeno in quel modo si gira e si infila nel buco del muro dal quale doveva essere entrato. Se sia solito farlo, non lo so; adesso, ogni volta che cucino, apro lentamente lo sportello per vedere se l’ospite è tornato. Per ora, ci ha abbandonate.
La convivenza di tre giovani con filosofie di vita diverse sarà sicuramente fonte di ispirazione per mille altre digressioni future, quindi mi limiterò a prendere appunti per raccontarvi passo dopo passo gli sviluppi della nuova fase di questa avventura australiana.
Siamo dodici ragazzi di nazionalità diverse, divisi in tre appartamenti che fanno parte di una corte unica: vi lascio immaginare la mia preoccupazione.
In un modo o nell’altro ci sarà sicuramente qualcosa da raccontare, perché come dicevo una volta, e ripeto a me stessa tuttora:
se non vivi il momento, bello o brutto che sia, poi non avrai nulla da raccontare.
Cheers mates.