Ognuno ha la sua musica
“Anzi, Enrico, una banalità te la voglio proprio dire: la vita è un rosario di abbandoni. Welcome to the real life”. Me lo scrisse Mina – sì, Mina – tanti anni prima. Mi ha sempre affascinato la sua voce. Mi ricordo ancora la prima volta che la incontrai (la voce, non lei). La sua Musica. Era una sera d’inverno, ero piccolino, e il Tacco aveva portato a casa dei miei una musicassetta: Mazzini canta Battisti. La versione di “Perché no” mi sbigottì e da allora iniziai una raccolta spasmodica di tutto quello che era Mina: album, doppi album, raccolte. Comprai persino, con il mio primo stipendio stagionale, un suo libro fotografico. Lo porto sempre con me, in tutte le case che abito.
Ecco, se c’è qualcosa che può dare fastidio a chi abita con me è che ascolto la musica, soprattutto quando sono in doccia e, nel bel mezzo di una playlist, qualche acuto ci sta.
Musica. La prima canzone che ascoltammo in quella casa fu “Oracao” della Banda mais bonita da cidade, la seconda Città vuota. Le avevo impostate io, affinché aprissero quella virtuale colonna sonora che accarezza ogni bella sceneggiatura. Città vuota è una canzone che piace. Avevano iniziato a cantarla tutti e io non potevo non pensare a Michele, “Ciccino”, che questa canzone la adorava: me la faceva mettere ogni sera. Ma questa è un’altra storia.
“Qual è la tua colonna sonora della vita?” mi ricordo la faccia di chi mi fece la domanda come se ce l’avessi davanti ora. Era una ragazza, in treno con me verso Napoli, che per ammazzare il tempo si mise ad intervistare tutto il vagone. Non le risposi subito: è vero che certe canzoni restano, ma è altrettanto vero che le playlist mentali cambiano. Mi spiazzò, mi aveva toccato nell’intimità più profonda. Come quando qualcuno ti chiede: “Come stai?” e tu capisci che non è cortesia o una frase banale per rompere il ghiaccio ma il tuo interlocutore lo vuole sapere veramente.
Risposi a quella ragazza, comunque. Le elencai 15 canzoni 15 proprio mentre stavamo scendendo dal treno; penso mi avesse preso per pazzo. In quella compilation c’era di tutto: da “Ho picchiato la testa” di Bobo Rondelli, a Domenico Modugno con la sua “Il maestro di violino”, al “Sirtaki”, a “La cura” di Battiato. Tutte canzoni che mi avevano rappresentato e che, pensavo da disteso sull’erba crescente, continuavano a calzarmi a pennello.
“Che ci fai disteso per terra?” era Erica con Giovanni “Dai che carichiamo la tua roba e poi abbiamo finito questo lavoraccio.
“C’è la birra, ancora, in frigorifero; beviamola e poi andiamo”
“Va bene” fu la risposta, all’unisono.
Salimmo le scale esterne, loro andarono in cucina, io andai in camera mia a prendere il computer. Accesi la playlist che inondò, per l’ultima volta, quella casa.
ps: e la vostra colonna sonora, qual è? La mia è qui (clicca).
(continua…)
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